DEL RISPETTO DELLE DONNE PRESSO I ROMANI

Nella novella Roma il Re Romolo, figlio di Dio Marte, dovette procurar mogli ai suoi cittadini col noto inganno dei giochi in cui fu attuato il ratto delle Sabine.

Siamo portati a vedere questo come un atto violento ed ingiusto, ma il rispetto che Romolo volle per le donne fu tale che la sua azione prese una piega ben diversa.

Plutarco infatti commenta che “col conseguente onore, amore, e spirito di GIUSTIZIA con cui furono trattate le donne dimostrò che quell’atto di violenza e di sopraffazione fu un’impresa di grandissimo valore politico, mirante a promuovere un’unione fra i due popoli [sabini e romani]”. (vita di Romolo, 35(6), 2). “Del rispetto, dell’amicizia e della saldezza che egli impresse alle relazioni matrimoniali è testimone il tempo. Nel giro di 230 anni nè un uomo osò abbandonare l’unione con la moglie, nè una donna quella col marito” (vita di Romolo, 35(6),3-4). A guisa di ciò ricordiamo che i Romani avevano il divorzio nel loro diritto, e che questi tutelava sempre la donna, la quale poteva divorziare e tornare alla sua famiglia con tutta la sua dote, la quale non poteva essere  sperperata dal marito, bensì preservata e se possibile accresciuta. Dunque Plutarco sostiene che se le donne non usassero divorziare dai mariti è perchè queste si sentivano talmente rispettate, amate ed onorate che preferivano restare nella nuova casa piuttosto che tornare dai propri genitori (e non pensiate che non esistessero già all’epoca suocere che reclamavano il ritorno della figlia dopo il matrimonio!). D’altro canto gli stessi uomini evitavano di divorziare dalla donna per amore e rispetto nei suoi riguardi, nonostante di fanciulle in cerca di marito ve ne fossero tante, mentre gli uomini, falciati dalle perenni guerre, erano pochi.

Plutarco ci sottolinea che il primo divorzio fu richiesto 230 anni dopo il ratto delle Sabine: “tutti i Romani sanno che Spurio Carvilio fu il primo a ripudiare la moglie accusandola di sterilità.” (Plut., vita di Romolo, 35(6), 4).

Del resto è noto a tutti l’evento in cui le Sabine, quando giunsero i padri ed i fratelli a liberarle, non vollero che si procedesse nella contesa, ma chiesero che i due popoli si unissero ora che avevano avuto dei figli dai loro mariti. Le loro suppliche vennero ascoltate e così “fu accettata una tregua ed i capi vennero a trattativa.Frattanto le donne condussero i loro padri e fratelli, i propri mariti e figlioletti, e portavano da mangiare e da bere a chi ne aveva bisogno, e curavano i feriti portandoli nelle proprie dimore e mostravano come avessero loro il governo della casa e come i mariti avessero attenzioni per loro e le trattassero con benevolenza ed ogni rispetto. Si fece allora la pace a queste condizioni: che restassero coi loro mariti le donne che lo volevano...” (Plut., Vita di Romolo, 19, 8-9). Ovviamente le donne restarono coi propri mariti e Sabini e Romani abitarono nella stessa città, la quale venne chiamata Roma in onore di Romolo, ed i suoi abitati Quiriti per riguardo alla patria di Tazio (ibidem).

Plutarco ci rammenta alcuni dei grandi onori che furono tributati alle donne: “cedere la strada quando camminano”, e quindi non più che le donne dovessero scansarsi al passare di uomini, “astenersi in modo assoluto da ogni parola sconveniente in presenza di una donna” a differenza degli usi di ben altri popoli, “nè farsi vedere nudi o subire davanti ai giudici in loro presenza un processo per delitti capitali“, queste ultime due norme comportamentali era per evitare atteggiamenti sconvenienti nei riguardi delle donne e perchè non vivessero la sofferenza di assistere ad una condanna.

Insomma i primi ad avere un minimo di rispetto verso il “gentil sesso” furono proprio gli antichi Romani, da ciò diviene chiaro comprendere da chi, gli Italiani, hanno ereditato quel fare tipico del sentimento latino, capace di conquistare ogni donna in ogni parte del mondo… Forse un pò le scorribande di altri popoli possono aver corrotto quel sentimento puro che l’Italico aveva elaborato per la donna, così come la nuova religione orientale ha sovvertito il rispetto tipico della religione romana, ma non disperiamo: se cerchiamo bene, nel nostro DNA quella memoria di un sano comportamento può risvegliarsi in un attimo, e magari ridestarla in quest’epoca folle di continui delitti nei riguardi delle donne non sarebbe male.

Giuseppe Barbera

Caristia e San Valentino

Il 22 febbraio nell’antica Roma si festeggiavano i Caristia, la festa dell’amor familiare e coniugale. Si trattava di una festa riguardante l’ambito privato, non quello pubblico, durante il quale i familiari si riunivano attorno il Larario per fare offerte ai Penati e banchettare assieme. Il banchetto aveva la funzione rituale di ricongiungere i familiari in caso di eventuali dissapori.

Il 13 febbraio incominciavano i Parentalia, giorni dedicati agli antenati, ai quali seguivano i Feralia del 21 ed i Carstia del 22.

Il tutto era un ciclo dedicato alla famiglia, dall’amore commemorativo per i parenti defunti a quello per i vivi. Particolarmente il 22 i coniugi festeggiavano la loro unione ed il loro legame amoroso scambiandosi doni.

Nonostante l’abolizione forzata del culto antico, l’uso popolare dello scambio di doni tra coniugi rimase, in particolar modo tra gli innamorati che, il 14 febbraio, all’inizio delle antiche feste dedicate all’amore familiare, ancora oggi si scambiano doni.

L’Amore non ha colpa

Frequentemente alcune persone cercano di superare il senso di colpa connesso all’Amore. L’unico senso di colpa che bisogna avere nella vita è quello della violazione di una parola data, chi è fedele alla parola ed all’impegno nella vita non ha nulla da temere.

l'androgino ermetico
l’androgino ermetico

Chi macchia l’idea di Amore con un concetto di colpa compie un sacrilego sofisma. L’amore non ha colpe, esso è creatore di vita. Il cosmo nasce da un atto di Amore: il Caos (atomo primordiale) viene smosso da Eros per la creazione dell’universo. Il concetto di colpa nell’amore nasce quando se ne perde la conoscenza. Eros è amore completo nei quattro elementi (fisico, anima, intelligenza e spirito) e tramite la fiamma, manifestazione della divinità, l’essere umano ritrova la coscienza divina interiore. La demonizzazione dell’Eros ed il suo scindimento diabolico in amore sacro e profano è finalizzato a limitare l’essere umano perchè possa essere dominato. L’amore è libero quando non è sporcato da paure o interessi, appena uno dei due elementi subentra esso diviene impuro. L’amore libero non è quello di un individuo che va a letto con chiunque, quella è solo una manifestazione di amore aperto a tutti, che però non può ascendere alla diade, passaggio necessario per il ritorno alla monade e la comprensione del divino, l’Amor di coppia è un Amore Sacro perchè consente l’ascenso verso l’Uno. Il vero Amore è quando percepiamo un magnete che completamente ci attrae ed unisce, in tutti i corpi, ad un altro individuo, lì si manifesta l’Eros puro (Ovviamente Eros e sesso sono due cose completamente distinte. Il sesso fine a se stesso è solo un gesto fisico, l’Eros è sessualità intrisa d’agape e filia per l’altro individuo, quindi Amore puro, non scisso, completo). Esso non è paragonabile all’Amore per i figli, che è un’agape invisibile ed inscindibile, e neppure alla filia, che è un amore scindibile, l’Amore puro è dove tutti i corpi s’incontrano per fondersi in un individuo androgino, roba per eroi (eroe da Eros) capaci di abbattere Troia, la città dalle alte mura simbolo dei preconcetti culturali che ci costruiamo nella vita. Troia va distrutta, con un cavallo, perchè lo spirito (Ulisse) possa intraprendere il percorso di reincontro con l’anima (Penolope) e vivere l’amore divino: l’Eros puro. E poichè la divinità è fiamma e Amore, dove può manifestarsi, se non nell’Eros? Gli altri amori (Agape e Filia) sono solo frammenti della potenza divina di cui l’essere umano fa parte.