La scuola pitagorica femminile

Siamo attorno l’anno 530 a.C., quello dell’arrivo di Pitagora a Kroton, nel quale il maestro Samio propose alle donne della città di lasciar perdere una vita dedita alla vanità ed all’accumulo di ricchezze ma di ricercare la propria essenza, se stesse e la propria dignità nello pratica dello studio e delle virtù. Così registriamo che numerose teanodonne offrirono i loro  abiti migliori al tempio di Hera e che cominciarono lo studio della matematica, dell’astronomia, della musica e della teologia all’interno della scuola. Essendo questa l’unica realtà filosofica e pedagogica dove erano ammesse le donne, per tanti altri secoli la sola, troveremo poi nelle accademie tardoantiche  neoplatoniche e neopitagoriche di Alessandria l’ultima grande pitagorica: Ipazia, la quale venne trucidata dai monaci paraboloni per volontà del violento vescovo Cirillo, santo della chiesa cristiana. 

Kroton fu la prima città della Magna Grecia ad avere donne di grande rilievo e risalto. Se già la donna greca aveva diritti e poteri che solo a lei spettavano (come ad esempio l’emancipazione degli schiavi), quella pitagorica assume una funzione ancora più importante nell’ottica sacrale di cui la rivestiva la filosofia del maestro samio. 

Infatti la donna, come si è appena detto, era considerata legata alla Luna e l’osservazione dei Pitagorici, considerava Luna e Sole due realtà inscindibili grazie alle quali era possibile la vita sulla terra. Così la Luna era la matrice dell’universo, generatrice di ogni cosa, che elargiva grazie, salute e prosperità. Il Sole era invece concepito come l’astro datore di Luce, che la produceva di proprio col suo fuoco interiore, ma che solo la Luna era in grado di riflettere dolcemente sulla terra, rendendo così la stessa luce del Sole meno aggressiva e dannosa. Sia l’uomo che la donna erano visti come elementi quasi sterili se presi a se stessi ed isolati, ma l’interazione amorosa tra loro era il segreto per la generazione della vita e per la realizzazione di ognuno. La vita di coppia era dunque considerata importantissima per il filosofo pitagorico, tanto che lo stesso Pitagora era sposato.

Numerose sono le donne pitagoriche note (da Teano ad Ipazia di Alessandria) ed importantissimi i contributi che diedero alla dottrina della scuola. Peccato che la misoginia del cristianesimo delle origini portò alla cancellazione delle loro opere, ogni rimasuglio dei loro testi venne cercato per essere bruciato, ed a noi oggi rimangono solo poche notizie, ma sufficienti a sapere quanto la donna fosse importante per i pitagorici.

Giuseppe Barbera

ESTRATTO DA “Nascita del pitagorismo nell’antica Kroton”, di Giuseppe Barbera.
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