Approccio al Sacro

L’approccio al sacro è un’esigenza insita nello spirito dell’essere umano.

Ogni persona cerca la sua via e v’erge una forza a guida, sia essa il razionalismo più puro di un ateo od il misticismo sfrenato d’un fanatico religioso. Ma rimembriamo che la sapienza degli antichi romani recita: “in medio stat virtus”. La virtù sta nel mezzo, pertanto l’uomo sano è colui il quale trova il suo equilibrio nel punto medio tra due estremi. Chi fa ciò realizza un processo interiore che incomincia dalla mente; il pensiero è il primo mezzo che l’individuo utilizza nel suo cammino verso il Sapere. La “meditazione” è un’azione finalizzata a convogliare la persona verso il punto medio utile alla ricezione della giusta luce e analogicamente volta all’equilibrio. Così nel mondo antico erano appellati “filosofi” coloro i quali utilizzavano il grande potere della ragione umana per approcciarsi alla Verità; questi individui erano spesso a ridosso del tempio, altri più illuminati riuscivano a varcarne la soglia ed essere iniziati ai misteri. Pitagora venne iniziato nei templi egizi, poi in quelli della Caldea e suo maestro d’oriente, al dire d’alcune fonti, fu proprio Zoroastro. Socrate si pone con discorsi e forma mentis tipici del pensiero pitagorico, tanto che alcuni autori tardo-antichi lo definiscono un “pitagorico”. Plutarco venne iniziato ai misteri dionisiaci ed in tarda età divenne sacerdote a Delphi. Ipazia di Alessandria era figlia del rettore del Serapeo cittadino ed iniziata ai misteri isiaci e terapeutici. Così ancora ricordiamo Cicerone iniziato ai misteri augurali, Apuleio iniziato ai misteri isiaci ed osiridei, Celso, autore del “Discorso vero” era un iniziato, e così via. Il filosofo, l’amante della ricerca, incomincia il suo percorso distaccandosi dalla folla profana antistante al tempio, egli sale il primo gradino grazie all’uso della ragione, ma poi impara ad abbandonare la ratio a favore della Mens, un apparato divino interiore che permette il contatto col proprio Genio (Mens è la contrazione di meus ens, il mio ente interiore, ossia il Nume della persona) e l’ascenso alla  Luce intellettuale divina, che viene confermata nel Tempio. Infatti l’insegnamento misterico consiste in una conferma di Verità conquistate e raggiunte dall’iniziando.

Socrate, grazie alle sue meditazioni, sviluppò il contatto col proprio Genio interiore (Daimon) che l’avvertiva dei pericoli e gli indicava preziose perle di sapienza, che egli spiegava al discepolo solamente dopo che quelli l’avesse trovata nella propria interiorità.

Per comprendere meglio i concetti relativi all’iniziazione, bisogna prima capire come le fasi della vita spirituale di un uomo fossero organizzate all’interno della società romana.

Per gli antichi esistevano diverse condizioni di partenza relative alla condizione sociale di nascita, che passava di madre in figlio per eredità. Si poteva nascere schiavi, liberi o cittadini.

Lo schiavo poteva nascere tale o divenirlo per debiti o perché prigioniero di guerra o altro ancora. Egli doveva riscattare la propria libertà col lavoro dopo essere stato al servizio di una famiglia di cittadini benestanti (tanto da potersi permettere di comprare uno schiavo). Presso di loro imparava la lingua e gli usi latini ed il valore del poco denaro che riusciva ad accumulare, col quale poi avrebbe potuto comprare la propria libertà, raggiunta una certa somma. Gli schiavi divenuti liberi erano detti liberti e si integravano immediatamente e perfettamente nella società, meglio di tanti figli di cittadini liberi e benestanti abituati ad avere tutto ed a volte inetti a procurarsi beni e ricchezze. Noti sono i nomi di moltissimi liberti divenuti abili commercianti ed arricchitisi fino a divenire cavalieri della Res Publica Romana. Il rito di emancipazione dello schiavo era una vera e propria iniziazione, una immissione alla condizione di civis.

Gli uomini liberi erano i non cittadini abitanti nei confini dell’impero. Essi erano considerati ingenui (ossia senza il genio)[1], generalmente avevano origini straniere e quindi praticavano culti differenti da quelli romani.

Il civis. Al compimento del diciassettesimo anno d’età i giovani romani abbandonavano la toga puerile per assumere quella virile; essi divenivano viri anzichè homines. Vir è colui che incarna la vis, ossia la forza, homo è colui che è fatto d’humus, di fango. Dalla vis del vir o della virgo proviene la virtus. Con l’assunzione dello stato di cittadinanza l’uomo otteneva diritti politici e religiosi. Tra quelli religiosi vi era la possibilità di poter praticare in privato per il proprio sviluppo spirituale, e dunque l’uomo diveniva sacerdote di se stesso. Se viveva nell’ambito della famiglia d’origine era comunque soggetto all’autorità paterna, anche in ambito religioso, qualora andasse a vivere da solo o costituisse un’altra famiglia, in tal caso diveniva suo iure pater familias. Il cives era un gentile, ossia un uomo che conosceva le qualità del proprio genio. Oggigiorno chi si definisce pagano anziché gentile deve ancora riuscire a liberarsi da una nomenclatura stereotipata che nasceva con fine dispregiativo nella tarda antichità, sebbene è da riconoscersi che il pagano d’oggi s’è fatto libero dalla schiavitù schematica del mosaico sociale contemporaneo e che a volte vuol rimarcare una purezza “rustica” e naturale; dunque egli è un uomo che tende alla libertà, ma ancora appartiene alla categoria degli ingenui perché non conosce la condizione qualitativa del proprio Nume. Tale cognizione si raggiunge con lo sviluppo di una determinata presa di coscienza, che è matematicamente consequenziale ad uno specifico stadio di purificazione interiore.

L’iniziazione. E’ una condizione d’incominciamento, è l’avvio ad una nuova fase interiore che sopraggiunge in sostituzione ad una condizione animica, intellettiva e spirituale precedente e superata. Le catene della sapienza sacerdotale antica, ricche di esperienze tradizionali millenarie, identificarono sette passaggi fondamentali, ai quali attribuirono delle nomenclature utili a definire il livello evolutivo di un individuo. Particolari esperienze, uguali per tutti, segnano il superamento di determinate porte. I pontefici ed i maestri iniziatori conoscono bene codeste esperienze ch’essi stessi hanno vissuto, e pertanto riconoscono il conseguito sviluppo di un neofita da un determinato evento, ch’essi ovviamente hanno già vissuto, e non da preferenze individuali. Dunque l’accattivarsi le attenzioni di un maestro è cosa inutile nella via tradizionale; mentre risulta importante l’azione pratica, poiché essa porta allo sviluppo spirituale, al rapporto col Nume e a manifestazioni concrete che avanzano l’uomo in stadi e condizioni superiori. Vi sono diversi tipi di iniziazione. Vi è l’avviamento alla via spirituale, che per intenderci corrisponde al battesimo nel cristianesimo o all’assunzione della toga virile nella tradizione romana. Vi è poi l’iniziazione sacerdotale che consiste nell’accesso al tempio. In tutte le tradizioni il percorso iniziatico è suddiviso in due fasi principali: la prima lunare e la seconda solare.

L’iniziazione lunare. I neofiti sono sempre in condizione lunare. Essi incominciano il percorso ascoltando per imparare, si fanno lune K del proprio maestro A che li illumina e li accresce con la propria sapienza così come i petali della rosa mistica contornano il centro del fiore. Chi ama il suo maestro in maniera disinteressata ne assorbe mano a mano tutta la Luce fino a divenire una Luna piena e dunque terminare la prima fase. Per alcuni si tratta di pochi anni di lavoro, per altri di un’intera vita, ma la condizione raggiunta rimane impressionata nell’anima e dunque, in una nuova incarnazione, ci si ritroverà già più avanzati spiritualmente rispetto alla massa comune. La fase lunare impone una forma, necessaria al raggiungimento di una essenza sublimata, non può essere saltata né rinnegata, altrimenti si giungerebbe alla pazzia. Chi vuole comprendere l’essenza delle cose deve prima analizzarne la forma.  L’ascolto è importantissimo per chi vuole imparare: Pitagora obbligava i suoi discepoli ad anni di silenzio prima d’iniziarli alla matematica apollinea. Apuleio viene prima iniziato ai misteri isiaci e successivamente a quelli osiridei. Così nel calendario romano, perpetuo ripetersi del mito, prima si svolgono le feste sacre a Giunone (novilunio e primo quarto di luna) e poi quelle a Giove (plenilunio).

Il discepolo perfetto è ricettivo, perché come egli ha la funzione di ricevere la Luce del Sole per illuminare il buio mentale che lo circonda ed essere fonte d’aiuto per le persone comuni non iniziate, dando ad essi consigli saggi e ponderati per quanto gli sia possibile, mai profanando gli insegnamenti ricevuti ma riflettendo l’amore del suo insegnante alla società.

Egli accetta le critiche e lavora costruttivamente abbattendo l’accidia spirituale, soltanto così potrà accedere ad una condizione superiore. Gli aspiranti dervisci che giungevano alla moschea di Mevlana, per quella filosofia esoterica islamica[2] che tanto prende dalla sapienza teologica antica, dovevano abbattere il proprio ego lavorando per mesi presso i forni del santuario dalla prima mattina, per poi distribuire pane ai poveri mendicanti che affamati andavano a chiedere l’elemosina presso il tempio di sapienza. Non si può raggiungere una volontà di potenza senza aver prima abbattuto il desiderio d’inedia insito nel seme dei piaceri animici oscuri nutriti dai fantasmi di concupiscenza. Così non possono aprirsi le porte del tempio a coloro che non abbiano abbattuto la cattiveria a favore della giustizia e della bontà. Le iniziazioni antiche non erano per i poveri di spirito, ma premiavano quei mendicanti d’ignea sapienza, che lavoravano per rendersi in grado di ricevere i raggi di un caloroso amore migliorativo.

L’iniziazione solare. La fase solare succede a quella lunare. Qui avviene il superamento delle condizioni passionali e s’incomincia il cammino per la propria realizzazione spirituale. Le virtù della Pietas vengono incarnate per raggiungere la condizione di Sole splendente. La conoscenza acquisita nella fase pregressa permette di rinascere come il Sole fanciullo d’inverno: egli sì è un Sole, ma ancora debole e piccolo ed incapace di portare una rinnovata primavera. Egli deve crescere e riuscire ad innalzarsi sempre più nei cieli fino al raggiungimento eroico del sole estivo e divenire dunque un magister, individuo creante per mezzo d’una energia magnetica ch’egli sviluppa per generare luce intellettuale. Come Ercole, Ulisse, Perseo e gli altri innumerevoli eroi della mitologia greco-romana dovrà compiere grandi opere per realizzare la quadratura del cerchio, ossia l’ordinamento equilibrato della propria interiorità. La parola dell’iniziato solare è sempre più coscienziosa, poiché conosce l’importanza del verbum, sempre più rada, poiché quando il Sole rinasce è festa d’Angerona, la domina silentii. Nella Magna Grecia pitagorica i matematici erano addentrati ai misteri apollinei. I Pontefici Romani in epoca imperiale assumevano come divinità tutelare un Nume Solare, così Augusto scelse Apollo, Nerone il Sole, Decio preferì Mithra ed Aureliano rinnovò il culto del Sole Invitto. Degli iniziati antichi pochissimi parlano di come si sviluppa il percorso solare: Apuleio sottolinea l’impossibilità di esprimere la meraviglia dei misteri osiridei, i pitagorici tramandano le regole degli acusmatici, ma evitano di menzionare quelle dei matematici, e così via. Essi infatti comprendono che la Verità è un’intelligenza che tutela se stessa svelandosi solamente ai silenziosi meritevoli, così Macrobio sottolinea che la spiegazione reale dei miti e l’accenno ai loro misteri, corrisponda al mettere le dee della Sapienza per strada, obbligandole a prostituirsi perché tutti possano averle. Per rispetto della meritocrazia sacra gli iniziati ai misteri non profanano il loro sapere. Potremmo aggiungere una considerazione importante: se la Verità è un’intelligenza che tutela se stessa, non svelandosi mai ai chiacchieroni, allora non può esistere la sua profanazione. Ma molti usano elargire intuizioni di piccoli frammenti della verità per sentirsi importanti e considerati, essi fanno un gesto d’orgoglio al quale segue sempre la punizione da parte del proprio Genio, che più non suggerisce loro la giusta visione delle cose. Questi sono piccoli profanatori, imbroglioni che vanno a caccia d’ingenui, soggetti che mai arrivano all’iniziazione solare. Cattivi sono i profanatori di pratiche interne del tempio, che compiono un gesto con l’intento di mettere in difficoltà la sapienza sacerdotale, ma pure quelli, fondamentalmente, non valgono nulla, poiché le pratiche sapienziali reali si trasmettono soltanto per via orale e per immagini, e nessuno che le conosca le spiega ad un altro. Infatti il processo sapienziale misterico non avviene per insegnamento, ma per riconoscimento: il maestro A da le pratiche, così come il sole emana il raggio di Luce portatore di calore ed energia, il discepolo K mette in pratica il rito e quando ottiene è perché ne è meritevole; quand’egli parla colla sua guida e spiega d’aver compreso cosa fare per realizzare il mistero, il maestro A semplicemente gli da conferma o meno su quanto ha riferito. Al limite gli da qualche perla di saggezza per aiutarlo, sicchè se c’è pulizia e rettitudine nell’allievo, quelli riceverà dal suo Nume la giusta indicazione per la conquista dell’agognato premio. Da ciò si desume che non può esistere una pratica scritta che tramandi un mistero, e che ogni pratica profanata sia un falso deviante dalla Veritas.

Il compito del maestro è quello di amare, dare il mezzo, valutare e riconoscere i progressi dell’allievo.

Purtroppo oggigiorno ignavia ed accidia imperano, motivo per il quale il sistema sapienziale del tempio antico trova difficoltà a ripresentarsi al volgo: è infatti questa un’epoca malata, ove tutto è dovuto e nulla è da conquistarsi, dove il maestro è messo in dubbio e criticato perché tralascia di compiere gli oneri dei suoi scolari, è questo il tempo di porci che s’abbuffano di perle solo per soddisfare il piacere istintivo d’ingoiare, eppure è questo il momento per gli eroi. Ma chi è eroe oggi? E’ colui il quale incarna con fatica la pietas, il corpo dei valori virtuosi, che s’impegna a trasformarsi da homo in vir per agire in maniera volitiva per il ripristino di un corretto sistema spirituale meritocratico, al quale necessariamente conseguirà un rinnovato ordine sociale, abbattimento della politica passionale a favore dell’impegno sano e corretto nei confronti della società.

Altre iniziazioni. Bisogna tenere presente che l’iniziazione consiste, fondamentalmente, al compimento di un gesto per passare da una precedente condizione individuale ad una nuova presa di coscienza.  Pertanto è iniziazione non solo quella templare, ma anche quella alla pratica rituale domestica (appunto l’assunzione della toga virile), è iniziazione alla vita erotica il primo rapporto sessuale, è iniziazione alla vita coniugale il matrimonio e così via. Corrispondendo ogni divinità ad una forza identificata nella natura, possono esistere differenti iniziazioni a diversi culti (terapeutici, cereali, dionisiaci etc.) utili a prendere coscienza di come quella specifica forza, definita divina, operi nella Natura. Così a Roma esistevano diversi collegi iniziatici, da quello augurale a quello arvale, ove gli addentrati divenivano esperti nella gestione di specifiche forze. Così le matrone, ad esempio, oltre all’accesso ad una nuova vita con la contrazione d’un matrimonio, venivano iniziate ai misteri di Bona Dia perché imparassero a gestire le energie sacre che si sviluppano nella realtà familiare, per svolgere serenamente ed al meglio la propria funzione. Così il legionario veniva iniziato al culto marziale della legione (che si sviluppava attorno le sacre insegne) ecc. Tutte queste altre iniziazioni, che si svolgevano negli appositi templi preposti, erano “specializzazioni” relative alle qualità geniali dell’individuo, esse non interferivano con il percorso iniziatico avviatosi con il passaggio alla condizione gentile, bensì l’arricchivano.

Pratica, iniziazione e rapporto con l’iniziatore. E’ possibile praticare la tradizione romana al giorno d’oggi? Certamente. Esistono varie associazioni, in Italia e all’estero, che si occupano di tradizione romana. Sta all’individuo il compito di esplorare e conoscere, fin quando non trova l’ambiente ed i compagni adatti a lui. Certamente gli uomini onesti e pii si accompagneranno a quelli come loro; mentre furfanti, imbroglioni, diffamatori ed improvvisati tradizionalisti attrarranno e terranno con se ingenui ed altri simili. Per il principio aristotelico “similia similibus” ognuno è attratto ed attrae gente simile a se. Chi dentro se stesso è evoluto, s’avvicinerà a gente evoluta, chi è involuto troverà nella sua ricerca gente involuta e s’assocerà a quella, talvolta disprezzando i gruppi validi solamente per invidia. Oro chiama oro, l’argento è attratto dall’oro perché prossimo a lui nella scala dei valori e migliore, piombo chiama piombo ed a volte disprezza l’oro perché irraggiungibile alla sua condizione attuale.  Quando si entra in un gruppo umano, lo si frequenta, quando si percepisce una sincera sintonia con i suoi membri, a tutti gli effetti si sta vivendo, per quanto blanda, un’esperienza iniziatica: s’incomincia a pensare con una nuova forma mentis e ci si approccia al sacro in base agli insegnamenti che si ricevono. Ma come si può comprendere se quelle nozioni siano corrette o meno? Purtroppo in giro è facile incontrare fanfaroni che s’improvvisano sacerdoti di grande esperienza. Il primo elemento da analizzare è se il gruppo sia realmente coeso o meno. La seconda cosa da guardare è la reale salubrità mentale dei suoi membri: se essi sono un gruppo di matti eterogenei, squilibrati anche nell’approccio al dialogo, che neppure riescono a rispettare la forma della lingua corrente, bene guardatevi da quelli e preparatevi ad una nobile fuga, alla maniera del rex sacrorum al 24 febbraio. Quando invece incontrate gente la cui pulizia si percepisce da lontano, la cui aurea vi rassicura, la cui sapienza vi pare acquisita dall’esperienza anziché dalla lettura, allora accostatevi ieraticamente, come lo si fa presso gli altari; comportatevi piamente, come se stesse dialogando con un dio occulto, e verificate se queste persone siano una corrente che si comporta con rettitudine e giustizia tra di loro, che siano gente ch’evita i pettegolezzi ed il parlar male d’altri gruppi o persone, e se nei vostri confronti saranno retti, bhè allora coltivatene una sincera amicizia ed incominciate a distinguere i metalli preziosi da quelli ignobili. Attenti a non approfittare delle persone giuste o preziose ed evitate cattiverie ed ignominie, altrimenti quelli vi puniranno occultandovi la loro luce e non dandovi mai più la benché minima considerazione.

Seppure abbiamo spiegato che il discepolo è Luna K di un Maestro A è bene mettere in chiaro alcune cose. Quando si frequenta un ambiente umano non si è costretti ad essere ricettivi alla guida spirituale di quel gruppo, bensì ci si deve accostare in maniera libera e pia (ovvero con buone intenzioni). Quando un individuo pensa di aver trovato il Sole adatto a lui, allora lì può liberamente scegliere di seguire i suoi insegnamenti, se poi li si reputa validi, sempre liberamente, può scegliersi d’intraprendere la via del discepolato. E’ come quando, raggiunta la maturità, alcuni scelgono d’iscriversi all’università; prima si riflette su ciò che si vuole divenire: un ingegnere, un medico, un biologo, un geologo ecc. Quindi si visitano gli atenei dove sia presente la facoltà selezionata, così infine ci si iscrive e s’incominciano a frequentare i corsi. Durante il corso di studi, dove l’allievo và per imparare e non per insegnare, si sceglie il docente da seguire e dunque la materia in cui laurearsi. Durante la tesi l’allievo è completamente Luna del suo maestro, che gli permetterà di divenire ciò che tanto si desidera e per cui si è molto studiato. Si laureano col massimo dei voti quelli che sanno ascoltare e ricevere gli insegnamenti del loro docente. Così è nel campo tradizionale, col superamento delle ingiustizie umane (raccomandazioni e nepotismo) poiché gli iniziati alla Sapienza del Tempio non giudicano, ma valutano e riconoscono i giudizi sentenziati dagli dei. Alcune persone, accostandosi alla Tradizione, s’arrogano il diritto di mettere in discussione la regole tradizionali che per millenni sono state praticate nelle caste sacerdotali di tutto il mondo e di tutte le religioni; essi inventano religioni più antiche, elaborando interpretazioni rocambolesche e viziate faziosamente, solamente per dare spazio al proprio orgoglio. Quegli individui, che si sentono più saggi di tutti i pontefici antichi, degli anziani sacerdoti d’ogni epoca, già si ergono al seggio della cattedra, pronti ad insegnare agli altri, senza neppure essersi mai iscritti all’università della saggezza. Non si può pretendere d’insegnare storia delle religioni alla facoltà di lettere senza neppure averne conseguito il titolo di studio. Una materia può insegnarsi solamente dopo averla imparata ed applicata nella propria vita. Nuove intuizioni e nuove conoscenze possono sempre raggiungersi, ma prima è sempre necessario imparare la basi della scienza e la sua storia, altrimenti non potrà mai esservi progresso.

Quando si decide di accedere alle pratiche di una collettività, innanzitutto bisogna riuscire ad entrarne a far parte, così come nell’antica Roma la cittadinanza era un diritto che si conquistava. Quando poi si raggiunge ed ottiene l’addentramento è bene cercare d’essere coerenti alla scelta fatta e cercare di seguire gli insegnamenti del centro che si è scelto. A volte dopo un po’ di tempo ci si può rendere conto d’aver sbagliato via o di preferirne maggiormente un’altra, così come molti studenti al secondo o terzo anno di corso decidono di cambiare facoltà e di fare nuovi studi. Ciò è lecito, l’importante è saper coltivare sempre la virtù dentro se stessi, ed anche quando si cambia via lo si deve fare con stile e non in maniera bifolca, altrimenti il senso dispregiativo della parola “pagano”[3] prende forma a discapito del valore di resistenza, coerenza e virtù dell’abitante del pagus.

 

Come praticare? Molte persone si costruiscono larari ove vivere la propria spiritualità più profonda, ma li profanano costantemente inviandone le immagini in giro per la rete o mostrandoli ad ogni visitatore della propria casa, quasi dovessero iniziarli ad arcani misteri. In tutto ciò vi è solamente un senso d’orgoglio che ricerca l’approvazione altrui. Per ciò che riguarda la pratica vera e propria ci si arrangia a scaricare preghiere dalla rete, e riesumarle da vecchi testi ed altro ancora. Si pratica senza preparazione, si vedono i desideri realizzati e non si comprende che questi svaniscono presto perché s’è mal lavorato, così pure disgrazie che vengono a seguire s’attribuiscono a forze malvagie che si scagliano contro di noi, senza comprendere che esse sono state generate dal praticare senza preparazione. Castità, digiuno e preghiera sono le tre regole tradizionali. Sia essa di mezza giornata o di un intero giorno, ma deve farsi. Non si opera a stomaco pieno e non si usano orazioni a caso. E’ sempre bene avere un riferimento sano che dia dei consigli.

Importantissimo! Chi vuol seguire una via spirituale lo deve fare per lo spirito, non per ottenere beni materiali. E’ bene pregare per il benessere delle persone che amiamo, per la salute, per la Luce intellettuale. Nella vita affrontiamo molte difficoltà ed afflitti siamo portati ad accostarci agli dei. Ciò è giusto. E’ cosa saggia chiedere agli dei di essere purificati dalle malvagità, è bene pregare il proprio Nume perché ci dia la forza di compiere con virtù le imprese della nostra vita e non pregarlo perché Lui le risolva per noi. Il gentile utilizza la vis per essere vir ,uomo e virgo la donna. L’uomo romano prende il controllo della propria vita, è lui il fautore del proprio destino, non gli astri. Questa forza interiore viene dal sacro fuoco intimo dello spirito, che dà l’energia e la luce necessarie ad una vita soddisfacente.

 

Rito al proprio Genio.

Per chi voglia realmente approcciarsi alla pratica tradizionale suggeriamo quanto segue.

Si preghi il proprio Nume, castamente, puramente. Non è necessario pregare misticamente tutti i giorni a tutte le ore. E’ più utile operare bene e raramente che spesso e male. Ci si astenga dai piaceri venerei e dalle carni prima di praticare. Si tralasci d’usare riti dei quali non si conosce realmente l’uso (quello infatti si conquista solo nel tempio). Suggeriamo l’inno orfico al proprio Genio per avere da lui l’aiuto di un buon consiglio e la forza d’affrontare i momenti difficili:

 

 

 

 

profumo del Genio

incenso

Invoco il Genio, la grande guida che dà tremore,

Mite Giove, generatore di tutte le cose, che dà vita ai mortali.

Grande Giove, sempre in movimento, che non lascia impuniti, re del tutto,

dispensatore di ricchezza, quando dovizioso entra nella casa,

quando è contrario raggela la vita dei mortali dalle molte pene:

in te infatti sono le chiavi della gioia e del dolore.

E dunque beato, santo, cacciando i dolori che causano molti lamenti,

quanti mandano la distruzione della vita per tutta la terra,

concedi uno scopo di vita glorioso, dolce e buono.

 

 

Riti di Catarsi.

Chi voglia realmente evolversi e trovare la sua giusta via dovrà purificarsi.

Gli antichi romani osservavano scrupolosamente le tre fasi principali della Luna: Kalendae, Nonae e Idi. Novilunio, primo quarto e plenilunio. In queste tre date si eseguano abbondanti lavande del corpo, ci si abluzioni al mattino ed alla sera, nella giornata si evitino i cibi provenienti da animali morti e si prediligano quelli vitali, come frutta e verdure. Al mattino si offrano incenso e si pongano fiori sull’altare del Larario, purchè ci si mantenga casti prima d’accostarvisi. Chi vorrà potrà recitare preghiere a Giunone alle Kalendae ed alle Nonae, mentre Giove sarà pregato alle Idi. Si onorino gli dei, non gli si chieda nulla per evitare di sporcarsi col desiderare. Infatti il desiderio distrugge la Volontà, che è volo dell’ente.

Ai solstizi ed agli equinozi si onori il Sole, evitando di cibarsi d’animali morti nel corso della giornata, ci si mantenga casti e si preghi il Nume Solare perché ci purifichi dai nostri mali e ci indichi la via della Salus.

 

Minervalia 19-24 marzo.

Se conoscete persone pie, eticamente sane e colme di saggezza frequentatele. Praticate e soprattutto studiate. Se volete meditare non perdetevi in esercizi mentali inutili, ma seguite gli insegnamenti pitagorici espressi nei detti aurei. Il pensiero ben lavorato è Mens sana in corpore sano e permette un migliore effetto nei riti catartici. Se volete realmente evolvervi spiritualmente, ai Minervalia pregate Minerva, colei che sostiene gli eroi che s’impegnano della via di ritorno alla monade; Eseguite dal 18 al 25 marzo regime alimentare vegetariano, castità assoluta e pregate ogni mattina la dea della Sapienza, dal 19 al 24, affinchè vi indichi la via per evolvervi nelle virtù della pietas. I buoni e puri avranno responso, e bene lo riconosceranno per azione divina. I malevoli saranno sviati o, nel migliore dei casi, ignorati.

 

Codeste perle saranno certamente utili ai puri, inutili agli empi.

 

Studio. Per approcciarsi bene alla via tradizionale romana suggeriamo lo studio dei classici greci e latini. In particolar modo si prediligano i neoplatonici. Un semplice manuale di storia della religione romana può essere utile per conoscere la basi più elementari del culto antico. Agli scritti sacri di Iliade, Odissea, Eneide, Bucoliche, Georgiche, Teogonia, Inni Omerici ed Inni Orfici si accompagnino anche quelli di Flavio Claudio Giuliano imperatore, infamemente detto l’apostata; ecco una lista di alcuni testi suggeriti:

 

L’arte di Ascoltare,                  Plutarco

Dialoghi Delphici,                    Plutarco

Discorso sulla verità,                Celso

L’antro delle ninfe,                               Porfirio

Sugli dei e il Cosmo,                            Salustio

Saturnalia,                                           Macrobio

Somnium Scipionis,                             Cicerone

Commento al Somnium Scipionis,        Macrobio

L’asino d’oro,                                      Apuleio.

 

Tra gli autori delle epoche moderne invitiamo allo studio delle opere di Giordano Bruno e dei neoplatonici, notevole “La filosofia occulta o la magia” di Agrippa per i continui rimandi a profonde cognizioni teologiche antiche.

 

Dei tanti autori contemporanei che cercano di studiare e comprendere il mondo romano, trovo metodologicamente geniale e perfetta l’opera di Enrico Montanari “Roma. Momenti di una presa di coscienza culturale”, pregna di un razionalismo accademico che si sublima per l’approccio matematico all’analisi degli eventi storici, fino ad identificare i meccanismi dell’azione metafisica applicata dai romani nella seconda guerra punica.

Visita la pagina dell’ente religioso Pietas – Comunità Gentile

 

[1] La distinzione tra ingenui e gentili è ben spiegata da Elio Ermete nel testo “Aspetti esoterici nella tradizione romana gentile”.

[2] Il sufismo.

[3] Pagano sta per villico, ignorante, bifolco. Venne utilizzato dai cristiani contro i gentili per svilirne la sapienza e perché i centri di campagna furono quelli più resistenti alla forzata conversione cristiana.