archeologo, saggista, presidente Associazione Tradizionale Pietas, Pontefice Massimo dell'Ente di religione classica "Pietas – Comunità Gentile", maestro dell'Antico Ordine Osirideo Egizio.
L’Astarte di Erice, importata a Roma come Venere Ericina, era festeggiata il 23 aprile, giorno di dedica del suo tempio, ed il 24 ottobre. Nel primo si festeggiava il tempio eretto da Quinto Fabio Massimo in Campidoglio durante la seconda guerra punica, in occasione della quale si susseguirono diverse battaglie tra Romani e Punici per conquistare il tempio di Erice ed impadronirsi della statua e delle sue potenti sacerdotesse. Nel secondo (24 ottobre) si festeggiava il tempio eretto da Lucio Porcio Licinio fuori porta collina sul Quirinale.
Sensazionale notizia e splendido auspicio. Nell’area dell’oasi naturale LIPU Castel di Guido e della Riserva Naturale Litorale Romano già dal giugno 2013 era stato individuato l’arrivo di un lupo, battezzato Romolo. Trattasi di un rarissimo canis lupus italicus, simbolo della città eterna, animale sacro al dio Marte, padre di Romolo, ed al dio Apollo, divinità sotto la cui tutela Augusto pose l’impero. Intorno al 2014 venne individuato un nuovo lupo, battezzato Numa. Si pensava alla sporadica apparizione di lupi solitari, ma nel corso del 2016 si è scoperto che Numa ha trovato una compagna! Si riversano in questa primavera le speranze che da questa coppia nascano dei lupacchiotti a sancire il ritorno dei lupi a Roma: un segno della Natura che porta alla memoria quelle mitiche forze che diedero il via all’esperienza del luminoso centro spirituale dell’umanità, Roma.
Chi era Ipazia di Alessanria? E’ questa la domanda alla quale vuole rispondere il presente articolo. Ultimamente questa donna del passato (fine IV – primi V sec. e.v.) è stata strumentalizzata dalla politica di sinistra come martire del femminismo e dell’ateismo scientifico sfrenato. Ma Ipazia non era una donna che rifiutava di mettere il velo, come riportano alcuni siti internet male informati che non sanno che all’epoca in Egitto ancora non esisteva l’Islam (come in nessun altro luogo del mondo) e che, in epoca romana, le donne già indossavano il bikini come mostrano i mosaici di piazza Armerina. Neppure era una scienziata alla maniera di Margherita Hack. Ipazia era una insegnate del Serapeo di Alessandria: ciò implica moltissime cose che qui spiegheremo. Né era vergine perché rifiutava di essere sottomessa ad un mondo maschilista: ella era una sacerdotessa vergine del tempio terapeutico e come tale praticava lo studio della medicina sacra e dell’astronomia per identificare i migliori momenti per le operazioni sacerdotali, proprio come si faceva nel resto dei santuari di tutto il mondo. Santuari che si mantenevano con le rette degli studenti, particolarmente verso la fine del mondo antico, quando oramai lo stato (cristianizzato) non sosteneva più le accademie ed i templi.
Innanzitutto spieghiamo perché le scuole scientifiche, di istruzione accademica e superiore, nel mondo antico si conservassero in prossimità di Santuari. Non a caso Aristotele fondò la sua scuola nel santuario di Apollo Liceo, non a caso nell’antico Egitto le scuole scientifiche si trovavano all’interno dei santuari.
I maestri delle accademie[1] spesso erano filosofi, termine che non implica semplicemente di essere dei pensatori, come intendiamo in epoca contemporanea: quasi sempre i filosofi erano sacerdoti o uomini iniziati a culti misterici, i quali tramite la sacralità scientifica dei culti pre-cristiani (che tutto erano tranne che forme di superstizione, a differenza delle attuali religioni abramitiche) indagavano la natura delle cose in cerca della Verità Assoluta. La qualità scientifica dei culti antichi della nostra stirpe (quelli greco-romani, italici e mediterranei) viene confermata dalle più evolute teorie scientifiche attuali che altro non fanno che ricalcare le conclusioni della Teogonia di Esiodo e di quelle espresse da Ermete Trismegisto nel Corpus Hermeticum[2]. Lo scienziato dell’epoca antica, per avere una visione oggettiva delle cose e non influenzata dalle proprie fantasie, aveva spesso intrapreso un percorso spirituale per l’abbattimento dell’ego a favore di una visione lucida, razionale e coscienziosa: Pitagora, maestro pontificatore della Magna Grecia, fondò le scienze matematiche organizzate ed i suoi discepoli spirituali erano tutti grandi iniziati e matematici, sia uomini che donne. I discepoli di Socrate, quali Platone, Alcibiade e altri, erano iniziati ai misteri Eleusini: nota l’accusa di parodia dei medesimi fatta ad Alcibiade per averli replicati in casa sua. Macrobio era iniziato ai misteri mitraici ecc. ecc.
Aristotele crea la sua scuola nel tempio di Apollo Liceo perché sia un luogo di luce che abbatte l’ignoranza selvaggia così come il dio caccia e abbatte il lupo.
Le scuole mediche erano inserite in santuari terapeutici prevalentemente dedicati a divinità come Esculapio, Salus, Serapide ecc.
Dunque vi era una profonda connessione tra il sapere scientifico, la religiosità greco-romana e quella ellenistica (il Serapeo di Alessandria venne eretto in epoca ellenistica): questo perché la religiosità classica non aveva dogmi[3] ma si adattava alle scoperte e innovazioni scientifiche. Le religioni abramitiche[4], che invece vivevano di dogmi e menzogne, distrussero tutto ciò che esisteva di buono e sano per diffondere il loro odio travestito da amore: è di San Cirillo di Alessandria la richiesta di “distruzione della sapienza pagana”, infatti questa dimostrava le falsità di una religione nuova che nulla aveva a che fare con le religioni precedenti: quindi il problema non è che le religioni spesso si rivolgono contro la sapienza e le donne, come scrivono alcuni strumentalizzatori politicamente schierati, la verità è che le religioni abramitiche si sono sempre scagliate contro il paganesimo perché aveva una valenza scientifica: infatti Ipazia, Bruno[5], le accusate streghe del medioevo, i sacerdoti della tarda antichità e tanti altri non vennero perseguitati ed uccisi dai cristiani perché liberi pensatori, ma perché apologeti del paganesimo che è panteista.
Agli oppositori di tale verità ricordiamo che Ipazia era figlia di Teone, rettore del Santuario: il quale era un altissimo titolo sacerdotale e non un appellativo laico scientifico.
Il fatto stesso che Lei insegnasse nel santuario del padre implica che praticava tale culto, del resto tutti i neoplatonici (ed Ipazia era una neoplatonica) erano praticanti gentili (gentili è un appellativo per indicare quelli che oggi chiamiamo pagani, si dice gentili perché praticavano il culto delle “gentes” greco-romane) impegnati nella rivalutazione della Tradizione contro le accuse infamanti dei cristiani che volevano creare confusione con le loro menzogne, tra le tante:
che la cometa era segno della venuta di Cristo figlio di Dio (non è così, la cometa passa alla morte di Cesare e viene interpretata dal Senato come presagio della divinizzazione di Cesare, infatti viene scolpita nel timpano del tempio a lui dedicato nel foro e coniata nelle monete da Augusto per sottolineare che Lui era figlio di un dio e quindi un degno imperatore);
che Cristo era venuto tra gli uomini per insegnare l’Amore ed il perdono e ne era il primo a parlarne al mondo (se fosse stato così i cristiani non avrebbero perseguitato con odio i pagani, non si sarebbero odiati tra loro con continue lotte intestine, non avrebbero operato per l’abbattimento dell’impero romano; inoltre è Romolo che porta l’Amore tra gli uomini fondando una città che sia riflesso dell’Amor, ovvero Roma, la quale identifica nella costruzione del diritto e nella diffusione della giustizia e nella tutela delle differenti etnie l’Amore per le diverse società umane; inoltre Roma si popola con l’asilo di Romolo, il quale PERDONA le colpe dei crimini purché ci si impegni nella costruzione di una società giusta e corretta);
che Cristo era un personaggio storico e non inventato da Paolo (invece prima dell’80 e.v., data dell’evangelizzazione di Paolo, nessuno ha mai menzionato l’esistenza né di Cristo né dei cristiani, tanto più nel De Bello Giudaico di Giuseppe Flavio, dove sono menzionate tutte le sette operanti in Giudea al 70 e.v., anche quelle con soli tre seguaci, non compare l’esistenza di nessun Cristo e neppure un cristiano e tutti i documenti contenenti i censimenti degli abitanti dell’impero vennero scientificamente distrutti per cancellare le prove della non esistenza del Cristo, ecco perché bruciavano qualunque biblioteca e qualunque archivio storico).
Aggiungiamo che Lei era a capo della scuola alessandrina, ed il fatto che le donne nel paganesimo potevano avere ruoli importanti, mentre il cristianesimo le voleva completamente mute e sottomesse al suo sistema, poteva creare un allontanamento di parecchie devote, pertanto la sua figura era considerata scomodissima.
La scelta della verginità e di non sposarsi non era dovuta al fatto che una donna sposata, in epoca antica, non potesse studiare: Teano, moglie di Pitagora, era sposata e studiava. Semplicemente nei culti terapeutici ( e quello di Serapide era un santuario terapeutico) si poteva scegliere di praticare la castità quando si accedeva al sacerdozio per incanalare le energie creatrici della vita (quelle erotiche dell’amore che i cristiani hanno demonizzato definendole peccaminose per poter attuare i loro mali all’umanità) ed anziché consumarle nell’atto creativo accumularle per trasformarle in energie terapeutiche in grado di agire su mali incurabili. Una taumaturga dunque, cosa che i cristiani ritenevano malvagia, infatti scriveva il vescovo di Nikiu: “una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica”, dove il termine magia è utilizzato in senso dispreggiativo. Poiché ella curava mali inguaribili era considerata una donna dalle doti miracolose, cosa che metteva in crisi la menzogna cristiana che voleva che il miracolo fosse un elemento esclusivo del cristianesimo e per questo il Vescovo Cirillo (fatto Santo dai vertici malvagi di quella setta[6]) ne ordinò l’eliminazione. Sempre il vescovo di Nikiu, per metterla in cattiva luce e screditare le sue opere di bene, affinchè tutti credessero solamente alle menzogne cristiane, scriveva: “e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici”. Ma del resto in ogni santuario terapeutico del mediterraneo avvenivano miracoli, prova storica ne sono i numerosi ex voto rinvenuti presso di essi, ad esempio quelli al tempio di Esculapio sull’isola Tiberina; motivo per il quale il cristianesimo demonizzò il paganesimo, appoggiò uomini politicamente in secondo piano (ad esempio Costantino) perché prendessero il potere con violenza ed attuassero poi la distruzione dei templi e la persecuzione legalizzata dei santi sacerdoti detentori di Verità.
Sono questi fatti storici ai quali non possiamo esimerci, i quali sono attestati dalle fonti ma che vengono tralasciati dagli atei e dai materialisti che non conoscono la scientificità del paganesimo perché, nonostante il loro distacco dal cristianesimo, hanno comunque conservato l’influenza culturale di questa pseudo religione che sempre ha messo in cattiva luce le religioni sane.
E’ dunque Ipazia una martire della Tradizione classica, una martire gentile, vittima della violenza cristiana in antico ed oggi della strumentalizzazione faziosa degli atei e delle femministe, a loro volta tutti vittime inconsapevoli di chi, per governare il mondo, ha creato odio, dissapori, lotte contrasti di genere tra maschio e femmina e tra scienza e sacro. Ma Ipazia era una donna d’enormi virtù che stimava grandi uomini come il padre, Platone ed altri e che univa scienza e sacro come ogni pagano antico.
Dott. Giuseppe Barbera
Archeologo e presidente Associazione Tradizionale Pietas.
[2] A tal riguardo suggeriamo la lettura del numero monografico di Pietas “L’Ermete e la Monade”. Per ordinarlo scrivere a info@tradizioneromana.org
[3] I dogmi sono tipici di chi mente, il quale pone delle asserzioni assurde come verità assolute per dar forza ad un apparato ideologico che in una investigazione onesta crollerebbe.
[4] Sarebbero ebraismo, cristianesimo ed islam, le quali si comportano come religioni detentrici di sapere assoluto, ma che tali non sono perché la Verità non necessita di violenza per affermarsi, essendosi queste religioni affermatesi con violenza non sono veritiere. Roma interveniva con forza solamente dietro un “casus belli”, ovvero dopo un’azione ingiusta nei suoi confronti, ma solo per portare giustizia. Il culto di Bellona era finalizzato a scongiurare le guerre e veniva intensificato nelle trattative pre-belliche per il raggiungimento di una soluzione senza guerra, la quale, purtroppo, di frequente è servita. Ma almeno dalle azioni belliche romane risultavano poi delle società intelligenti, che sviluppavano sapere e benessere sociale, ed avvenivano sempre nel rispetto di azioni eticamente corrette, mentre i crimini della Roma cristianizzata hanno precipitato il mondo nel buio mentale del medioevo. Questo è un dato di fatto.
[5] Non si dimentichi che Giordano Bruno, Tommaso Campanella ed altri abbracciarono le idee neoplatoniche e pagane e volevano fonderle con l’etica cristiana, ma ovviamente ciò era impossibile perché i vertici cristiani non praticavano l’amore ma la fame di potere assoluto.
[6] Alla quale, quando aderiscono dei buoni, quei vertici malvagi li maltrattano e li umiliano e ne riconoscono doti di santità solamente dietro sollevazioni popolari. Palesi i casi di Francesco d’Assisi o del buon Padre Pio.
Come potete vedere dalla presente immagine stiamo lavorando per portare a compimento il tempio di Giove in costruzione presso la nostra sede, così da avere un luogo fisico fisso ove compiere i riti associativi in relazione al calendario. Non solo! In prossimità del tempio stiamo realizzado un’aula dedicata a Minerva dove svolgere incontri associativi e corsi di formazione sul culto classico e sulle materie sacerdotali antiche aperti ai nostri soci. Necessitiamo di fondi e l’unica forma di autofinanziamento concreta, per la Pietas, è il tesseramento. Ivitiamo tutti i soci e amici Pietas a tesserarsi o a rinnovare la loro iscrizione a Pietas per consentirci di raccogliere il denaro necessario a completare queste nostre prime opere. Chi potesse farlo entro fine mese ci darebbe il tempo sufficiente a provare a completare i lavori entro il solstizio d’inverno, momento di rinascita del Sole che noi tutti festeggiamo e che sarebbe ideale per la consacrazione del tempio. Alcuni di voi hanno già rinnovato la tessera e ve ne siamo profondamente grati. Chi dovesse ricevere ancora uno o più numeri della rivista non deve preoccuparsi. essi si andranno ad aggiungere ai numeri che dovranno ricevere i soci che effettueranno la tessera con abbonamento a quattro numeri.
Chi avesse modo può fare una donazione oltre alla tessera, ognuno comunque può tesserarsi secondo le proprie capacità economiche (sono previste tessere da 5€, oppure 10 €, 25, 45, 50, 60, 100). Per rinnovare l’iscrizione a Pietas è sufficiente compilare il modulo presente sulla pagina del nostro sito: http://tradizioneromana.org/iscrizioni.html
Ringraziamo tutti della vostra disponibilità. Raccolti i fondi vi terremo aggiornati sui tempi dei lavori e comunicheremo le prossime attività in programmazione per il mese di dicembre.
Giuliano l’Apostata che fu iniziato ai veri, non concepiva perchè il paganesimo integro ed esuberante della iniziatura romana dovesse sostituirsi con una eresia antimagica che preparava alla morte e non alla vita e che si chiamava cristianesimo appunto per un simbolo di morte.
Nel mondo romano la medicina è sviluppata in dimensioni parallele tra loro. Non vi è solamente la dimensione della cura fisica, ma anche quella della soluzione metafisica. Si riscontra in ciò una eredità proveniente da tempi e luoghi lontani, difatti tale sistema d’interazione si riscontra per esempio nell’antico Egitto, che a sua volta pare aver ereditato dalla Babilonia il concetto di azione metafisica sui mali[1].
Secondo la cultura mesopotamica il male consisteva in una intelligenza che agiva sull’uomo guidando un esercito di demoni invisibili all’occhio umano[2]: sembrerebbe una primitiva (ma non tanto) definizione del concetto di virus e batteri o il tentativo di spiegazione ad un bambino di come si sviluppano le malattie, con l’aggiunta di un concetto metafisico mancante alla moderna medicina occidentale.
Limitati dai mezzi analitici moderni riusciamo ad osservare il male solamente per mezzo di ciò che riusciamo a vedere con i nostri strumenti, dunque ciò che rileviamo tramite il microscopio e le varie tecnologie di visione fisica, ciò che è occultato dalle carni e delle dimensioni minuscole. Non esistono purtroppo mezzi che permettano la visione di intelligenze a se, o forse le vediamo ma ancora non le riconosciamo: se nel DNA si conservano geni, come possiamo sapere se essi abbiano o meno una relazione con quelli che noi definiamo in senso romano come Geni? Eppure quella è la memoria storica nostra, del nostro sangue, che cangia per ogni individuo in base a come egli si è formato nell’interazione di concepimento ereditando dai cromosomi dei genitori.
Allo stesso modo il Genio della persona cangia per ognuno ed è connesso al suo sangue ed alla sua formazione di concepimento. Forse i romani vedevano nel Genio ciò che noi vediamo nei geni del DNA? L’approccio illuministico alla religione contemporanea ha fatto si che considerassimo l’ideale antico come una superstizione, ma di quelle idee [causa le persecuzioni culturali della mistica tardo-antica e medievale, il cui risultato sono stati gli incendi delle biblioteche antiche (prima di tutte quella di Alessandria) ed i decreti criminali di Teodosio II], non sappiamo quasi nulla, poiché sono filtrate dalla tradizione scritta del basso medio-evo, la quale ha recuperato poco, oltretutto filtrandolo con la sua ottica. La sola lettura di Platone, Aristotele, Macrobio, Lucrezio e qualche altro non è sufficiente a definire il modo di pensare di un intero mondo: i pochi autori a noi giunti ci permettono di vedere soltanto due o tre colori di un intero arcobaleno.
Le continue ricerche e gli studi congiunti delle fonti possono però permettere di cominciare a intravedere qualcosa del modo di pensare degli antichi.
In Egitto il rinvenimento di una vera e propria enciclopedia medica su fogli di papiro dà una chiave importante sulla visione in piani paralleli delle medicina. All’analisi dei sintomi segue la definizione del male e la successiva proposta di cura, tramite metodi simili a quelli dell’alchimia spagirica, cui successivamente si propongono usi rituali, qualora la terapia fisica proposta non abbia dato i suoi risultati.
Un tale sistema si riscontra anche nella romanità quando Cicerone[3] propone una cantilena magica per curare le lussazioni.
I due sistemi medici, fisico e metafisico, convissero ovunque tra loro fino al termine del V sec. a.C. (seconda metà del IV sec. dopo la fondazione dell’Urbe), quando nell’ambito Crotoniate la scuola pitagorica affrontò il tema terapeutico in un’ottica esclusivamente metafisica[4], mentre la scuola di Alcmeone diede importanza esclusiva all’azione chirurgica[5].
Secondo il mito greco la medicina è una scienza creata dal dio Esculapio, figlio di Apollo, padre dei geni Podalirio, Macaone, Acheso, Ygieia, Panacea, Iaso, Egle.
Esculapio insegnò la materia a Iaso che poi la trasmise all’uomo Ippocrate.
Questa scienza poteva persino resuscitare i morti, cosa che Esculapio fece, ma Zeus fulminò il sapiente dio perché cominciò ad andare contro l’ordine naturale delle cose, ossia contro la legge.
Apollo si rifiutò allora di far sorgere il Sole e Zeus fu costretto a ridar vita al nipote. A Esculapio fu concesso di continuare a praticare la medicina, purché essa rispettasse le leggi della natura.
In questo mito si evince l’etica del terapeuta antico: la medicina non deve servire a rendere l’uomo immortale ma immune dal male.
La formazione alla medicina sacra avveniva nei templi di Esculapio, i quali, oltre ad essere noti nel mondo antico per i miracoli che in essi avvenivano, esponevano nelle trabeazioni o nei timpani dei sistemi iconografici simboleggianti l’essenza del metodo metafisico. Centauromachie ed amazzonomachie rappresentavano la lotta contro gli istinti umani, identificati nella forma dell’ippos, il cavallo, ed il titolo sacerdotale di colui che imparava a gestire tali istinti era “Ippocrate”[6], pertanto il giuramento di Ippocrate non è da attribuire ad Ippocrate ma è il giuramento che doveva fare l’Ippocrate, ossia colui il quale, terminato il periodo di noviziato, veniva iniziato ai misteri medici.
I sacerdoti che raggiungevano il più alto grado terapeutico erano considerati direttamente istruiti dal dio Iaso, il figlio di Esculapio che insegnava la medicina agli uomini, pertanto il titolo sacerdotale di questi era “l’unto di Iaso”, in greco Iasous Christos.
Con l’ellenismo la diffusione della cultura greca porterà a numerosi sincretismi ed intrecci tra i diversi patrimoni di conoscenze, ciò probabilmente darà vita al mito del Cristo che resuscita Lazzaro, ossia un terapeuta unto di Iaso che resuscita un uomo; questo in questione è a sua volta proveniente dal mito di Horo che resuscita El-Lazar: un sincretismo tra cultura Greca ed Egizia in ambito Israelita (se lì ha avuto origine questo mito).
Allo stesso modo quando i rotoli del Mar Morto definiscono Iesous Christos come un terapeuta non mentono: probabilmente il maestro di quella setta era stato iniziato e formato all’interno di un Asclepion. Perché non lo dicono? Dobbiamo pensare che in un mondo dove un titolo si conferisce solo in alcuni luoghi (come oggi quello di medico solo nelle università) è già sottinteso, alla menzione del titolo, di chi o di cosa si stia parlando. Se noi scrivessimo che il medico chirurgo del paese insegna a pulire le ferite con un disinfettante dovremmo forse spiegare chi è il medico chirurgo, da dove viene e chiarire che questo è un attributo e non un nome proprio? Scrivendo per altra gente che vive nel nostro ambiente ciò sarebbe superfluo, ma chi leggerà fra duemila anni il nostro scritto probabilmente neanche saprà più cosa sia un medico-chirurgo e potrebbe dare chissà quale interpretazione. Per analizzare scientificamente gli scritti antichi necessita approcciarsi con la consapevolezza di oltre duemila anni di distanza e della grande interruzione culturale che è stato il periodo tardo-antico e medievale: un periodo in cui si sono chiusi i rubinetti per riscoprirne l’esistenza solo nel XVIII sec. e.v.
Il “dominio sul cavallo” si applicava in primis con la purificazione dello/dallo stesso tramite abluzioni, per tale uso erano collocati nell’Asclepion grandi bacili o strutture idriche con grandi vasche lustrali. Perché l’individuo potesse essere curato doveva sottomettere i suoi istinti, quindi veniva obbligato ad eseguire un’apposita dieta (digiuni rituali) e relativa castità per non disperdere le sue forze. Dunque gli venivano somministrati determinati medicinali estratti da erbe e minerali esclusivamente nei momenti ritenuti “favorevoli”, calcolati sulla base dell’andamento lunare. Evidentemente l’osservazione semplice fece notare ai farmacisti antichi ciò che noi scopriamo solamente oggi: i principi attivi della pianta cangiano in base all’ora della giornata, alla quantità di luce solare ch’essa riceve.
A ciò seguiva l’interazione di apposite pratiche magiche, ognuna specifica ad una funzione differente, per esorcizzare il male dall’individuo.
Ad esempio in una lastra di marmo con testi di sanationes, proveniente dall’Isola Tiberina, è riportato uno di questi riti magici, che fu ordinato per oracolo:
“In quei giorni ad un certo Gaio cieco il dio ordinò per oracolo di andare al sacro podio e di rendere omaggio, poi di muoversi da destra a sinistra e di mettere le cinque dita sul podio e di sollevare la mano e di porla sui propri occhi. E vide bene, essendo il popolo presente e con lui festante, perché si erano manifestate vive forze divine sotto il nostro augusto Antonino”[7].
Numerosi sono i miracoli che si compivano negli antichi templi di Asclepio, tutti testimoniati da epigrafi votive incise a guarigione ottenuta. Ne riportiamo due esempi.
All’asclepion di Epidauro una stele racconta quanto segue:
“Dio. Buona Fortuna. Guarigioni di Apollo e di Asclepio. Kleò fu incinta per cinque anni. Costei, incinta già da cinque anni, venne supplice al dio e giacque nell’abaton. Non appena ne fu uscita e si trovò fuori dal santuario, partorì un bambino, il quale appena nato si lavava da sé alla fontana e andava in giro con la madre. Avendo ottenuto ciò, ella fece scrivere sul ricordo votivo: ‘Non la grandezza della tabella è degna di ammirazione, ma lo è la divinità. Per cinque anni infatti Kleò portò un peso nel ventre, fino a che giacque ed il dio la rese sana’ ”[8]. Notiamo che oltre ad Asclepio è onorato il padre Apollo, e prima di essi Zeus e la Fortuna, che in molte tradizioni antiche sono considerate divinità primordiali[9]. Colui che redasse questo racconto non doveva sapere nulla di Kleò e delle sue vicende, se non quanto lesse dal pinax votivo e dall’epigramma sopra inciso. Leggendo in codesto epigramma il verbo ekyese lo interpretò nel senso di una vera e propria gravidanza ed aggiunse il particolare del neonato già maturo. L’epigramma invece parla di un peso nel ventre e dà probabilmente al verbo kyein il senso, altrove attestato, di falsa gravidanza[10]. Al di là dell’erronea interpretazione del redattore del testo, l’epigramma a cui lui fa riferimento ricorda una guarigione avvenuta proprio nel tempio di Epidauro.
Un malato di sciatica venne invece curato a Lebena con la medesima tecnica che fino al secolo scorso si utilizzava nelle campagne cretesi, lo ricorda il seguente testo inciso sulle pareti dell’adyton:
“Asclepio ordinò a Demandros di Kalabis gortinio, sofferente di sciatica, di venire a Lebena, perché lo avrebbe curato. E appena fu venuto, lo tagliò durante il sonno, ed egli guarì.”[11]
Il sistema rudimentale consisteva nel praticare dei tagli nelle zone dolenti. Chi compie il gesto, direttamente e con decisione, è proprio Asclepio. Probabilmente i chirurghi di questi templi si consideravano guidati dal dio, motivo per il quale attribuivano direttamente a lui l’azione. Ciò dimostra che si agiva su tutti piani, da quello materiale con azione persino chirurgica, a quello metafisico partendo dalle tratte oracolari fino alle azioni nella dimensione onirica.
Tante altre testimonianze ricordano miracoli ed azioni della terapeutica antica, rimandiamo alla seguente bibliografia lo studioso interessato all’approfondimento:
Herzog, Die wunderheilungen von Epidauros. Leipzig 1931.
e L. Edelstein, Asclepius. A collection and Interpretation of the testimonies, I-II, Baltimore 1945.
Guarducci, L’Isola Tiberina e la sua tradizione ospitaliera, in Rend. Lincei, 1971, pp. 267-281, tavv. 1-3.
[1] Si veda l’Introduzione alla storia delle religioni di Brelich per comprendere i processi di trasmissione culturale dal medio-oriente all’Egitto.
[3] Riportato anche da Agrippa in La Filosofia Occulta—
[4] Pitagora, formatosi tra Grecia, Egitto e Persia, creò un sincretismo rituale che giungeva, al di là delle forme culturali, nell’essenza matematica, la cui visione fondamentalmente metafisica tralasciava oramai l’azione nel campo materiale, ritenuta un prodotto del mondo delle cause (l’astrale platonico), pertanto i Pitagorici prediligevano agire direttamente nei campi superiori per influenzare quanto necessario nei campi materiali.
[5] In età classica la scuola medica di Kroton formò i migliori chirurghi dell’epoca.
Frequentemente alcune persone cercano di superare il senso di colpa connesso all’Amore. L’unico senso di colpa che bisogna avere nella vita è quello della violazione di una parola data, chi è fedele alla parola ed all’impegno nella vita non ha nulla da temere.
Chi macchia l’idea di Amore con un concetto di colpa compie un sacrilego sofisma. L’amore non ha colpe, esso è creatore di vita. Il cosmo nasce da un atto di Amore: il Caos (atomo primordiale) viene smosso da Eros per la creazione dell’universo. Il concetto di colpa nell’amore nasce quando se ne perde la conoscenza. Eros è amore completo nei quattro elementi (fisico, anima, intelligenza e spirito) e tramite la fiamma, manifestazione della divinità, l’essere umano ritrova la coscienza divina interiore. La demonizzazione dell’Eros ed il suo scindimento diabolico in amore sacro e profano è finalizzato a limitare l’essere umano perchè possa essere dominato. L’amore è libero quando non è sporcato da paure o interessi, appena uno dei due elementi subentra esso diviene impuro. L’amore libero non è quello di un individuo che va a letto con chiunque, quella è solo una manifestazione di amore aperto a tutti, che però non può ascendere alla diade, passaggio necessario per il ritorno alla monade e la comprensione del divino, l’Amor di coppia è un Amore Sacro perchè consente l’ascenso verso l’Uno. Il vero Amore è quando percepiamo un magnete che completamente ci attrae ed unisce, in tutti i corpi, ad un altro individuo, lì si manifesta l’Eros puro (Ovviamente Eros e sesso sono due cose completamente distinte. Il sesso fine a se stesso è solo un gesto fisico, l’Eros è sessualità intrisa d’agape e filia per l’altro individuo, quindi Amore puro, non scisso, completo). Esso non è paragonabile all’Amore per i figli, che è un’agape invisibile ed inscindibile, e neppure alla filia, che è un amore scindibile, l’Amore puro è dove tutti i corpi s’incontrano per fondersi in un individuo androgino, roba per eroi (eroe da Eros) capaci di abbattere Troia, la città dalle alte mura simbolo dei preconcetti culturali che ci costruiamo nella vita. Troia va distrutta, con un cavallo, perchè lo spirito (Ulisse) possa intraprendere il percorso di reincontro con l’anima (Penolope) e vivere l’amore divino: l’Eros puro. E poichè la divinità è fiamma e Amore, dove può manifestarsi, se non nell’Eros? Gli altri amori (Agape e Filia) sono solo frammenti della potenza divina di cui l’essere umano fa parte.
Intervento del dott. Giuseppe Barbera, archeologo e presidente dell’Associazione Tradizionale Pietas, in occasione della conferenza “Il fuoco di primavera”, incentrata sui significati dell’entrata del Sole in Ariete in occasione dell’equinozio primaverile.
Intervento del dott. Giuseppe Barbera alla conferenza “I misteri pitagorici in Calabria”, tenutasi il 12 maggio 2016 presso il palazzo della provincia di Reggio Calabria, Introduzione di Daniele Zangari.
La figura del maestro nel mondo antico era importantissima: egli era la fonte di sapienza e saggezza, in lui ci si affidava completamente per imparare e crescere a sua immagine e somiglianza. La scelta del maestro era molto importante, i migliori precettori se li potevano permettere solo gli uomini più ricchi, ma i migliori maestri erano a disposizione di tutti, però solo i migliori potevano avvicinarsi. Pitagora ebbe molti discepoli, forse nessun altro ne ha mai avuti così tanti, ed i suoi scolari erano pronti a dare la vita per lui, perchè il maestro è colui che insegna, colui che forma la società, colui che instilla le virtù nei futuri cittadini. Tutti amavano il buon maestro.
Il rispetto del maestro è esistito per millenni fino a ieri, quando ancora i genitori ti sgridavano se eri stato ripreso dal tuo maestro di scuola, perchè anche loro rispettavano i maestri! Oggi invece non c’è più rispetto, tutt’altro, genitori che facilmente con presunzione s’ergono a figura di maestri dei maestri….
Come possono i giovani crescere nel rispetto se i loro stessi genitori a volte non rispettano le figure importanti della loro gioventù?