CALABRIA PAGANA – DAL POLITEISMO AL MONOTEISMO

 

Processi di conservazione culturale

estratto da “Il Domani di Calabria” del 21/09/2009

Colonna superstite del tempio di Hera Lacinia a Crotone
Colonna superstite del tempio di Hera Lacinia a Crotone

Nella tarda antichità si svolse una lotta di politica religiosa che coinvolse prima tutto il bacino mediterraneo, poi l’Europa. Si tratta del passaggio dai culti politeisti al culto monoteistico. Giambattista Vico diceva che la storia si articolasse in corsi e ricorsi. Così quel che era avvenuto mille anni prima in Mesopotamia, in Persia, e duemila anni prima in Egitto, si ripeté nell’Impero Romano: al passaggio dai regimi politicamente policratici a  quelli monarchici scompariva un antico politeismo sostituito da un nuovo monoteismo.

I Tanti dèi babilonesi furono sostituiti dal monoteismo del dio Marduk, il quale sottomise tutti gli altri, così come i sovrani di Ur avevano sottomesso i loro antagonisti politici. Il potere dei diversi centri cultuali veniva accentrato in un’unica figura sacrale, quella del sovrano, cosicché tutti i cleri rispondevano ad un solo centro politico-religioso, concentrando così rispetto, ricchezze templari e ideologie filosofico-religiose su di un unico uomo il cui potere assoluto era ufficialmente riconosciuto da tutti. Medesima cosa accadeva nell’Impero Persiano sin dalla metà del VII secolo: Zaratustra riformava il culto dei Magi nel monoteismo di Ahura Mazda, dio del bene oppositore del dio del male Arimane; si tratterebbe in effetti di un dualismo, ma un unico dio rappresentava tutti i valori di bene, amore, prosperità e benessere, gli stessi valori che incarnava il Re dei Re, l’imperatore Persiano. Ahura Mazda governava sulle schiere del Bene, l’esercito di Asha, così come Dario ed i suoi eredi governavano su più di cento popoli, partecipi dell’esercito Persiano. Nella religione si faceva riflettere il piano politico: se tanti dei riconoscevano un solo dio sovrano, tanti uomini potevano riconoscere un re assoluto. E così come gli uomini erano servi dell’imperatore, i sacerdoti erano schiavi del dio.

Solamente nell’antico Egitto il Faraone non riusciva ad avere il controllo dei cleri locali: la religione era politeista e ogni santuario era un centro di potere spirituale, politico ed economico. Ciò non fu gradito al sovrano Akenamon, il quale decise di creare un monoteismo per bloccare lo strapotere crescente del clero ammonio e di altri santuari nilotici, creò così un monoteismo incentrato su Aton, dio del Sole, e cambiò il suo nome in Akenaton (servo di Aton), esponendo pubblicamente il suo ideale politico-religioso. Il nuovo centro decretato a capitale di un nuovo regno fu Amarna (da qui il nome di rivoluzione amarniana per il tentato enoteismo di Aton), ma i templi dei tanti dei non acconsentirono ad essere servitori assoluti di un unico sovrano, si ribellarono ed attraverso congiure di palazzo uccisero Akenaton, colui che minacciava i loro poteri provinciali. Il giovane figlio, Tutankaton fu costretto a cangiare il suo nome in Tutankamon per mostrare di essere favorevole allo strapotere del culto ammonio, ma all’età di 18 anni fu fatto morire misteriosamente.

heliosQuando l’impero romano era dilaniato da continue guerre intestine ed incursioni barbariche Aureliano propose il culto del Sole Invitto dicendo che uno è il dio sovrano ed uno solo deve essere l’imperatore, abolendo temporaneamente la tetrarchia. Costantino scelse un culto monoteistico per lo stato, affinché il modello dell’unità potesse irradiarsi dalla religione alla politica. Ciò non fu subito accettato da un impero fortemente legato alle tradizioni e la necessità spinse i suoi successori, come Teodosio II, ad imporre la loro visione con la forza.

Appena il potere politico centrale affrontasse un momento di debolezza riaffioravano, qua e la, i culti politeisti all’interno dell’impero ed alcuni imperatori, come Flavio Claudio Giuliano, pensarono che la convivenza delle diverse religioni non dovesse necessariamente creare frammentazioni. I loro successori non la pensarono alla medesima maniera ed ordinarono la distruzione delle biblioteche, ma ciò non fermava il pensiero libero, e così decretarono la distruzione delle librerie private e la condanna a morte per chi conservasse libri diversi dal nuovo canone. Ad Alessandria d’Egitto la biblioteca più grande del mondo venne data al fuco su istigazione di Teofilo, ostile alla cosiddetta “saggezza pagana”. In un sol giorno l’umanità vide bruciare secoli di sapere. Correva l’anno 491 d.C.

Ma la sapienza è un’esperienza e non si apprende dai libri quanto dalla vita quotidiana. Nei villaggi rurali, i Pagi, era cosa rara incontrare qualcuno che sapesse leggere e scrivere, eppure ognuno rimembrava gli insegnamenti dei padri e conosceva  i momenti astronomici alla perfezione, sfruttava al meglio il periodo della semina e seguiva la luna per sapere quando raccogliere i prodotti agricoli; nessuno aveva mai letto trattati filosofici ma conoscevano la logica dell’analogia, effettuavano riti per propiziare il raccolto  e l’uccisione del maiale era una festa che faceva invidia ai più grandi santuari del mondo antico. Superstizioni, diciamo noi oggi, ma a quelle superstizioni dovette piegarsi la nuova religione e seppur acculturava il popolo col nuovo evangelo s’inculturava delle tradizioni dei luoghi. La Calabria, più di ogni altra regione italiana, ha mantenuto quasi intatti i suoi antichi riti, dalle grandi città ai piccoli paesi. A Crotone annualmente si svolge una processione a Capocolonna, ieri dedicata ad Hera, oggi alla Madonna. E’ sempre il modello della madre, lo si chiami in un modo o nell’altro, ed è sempre lo stesso rito, colla sola aggiunta dei fuochi d’artificio in età moderna. Nella Sila piccola l’uccisione del maiale è quasi un rituale ed alcune anziane signore giocano a leggere il futuro nelle viscere dell’animale ucciso, cercano di vedere il sesso dei nascituri dal rene dell’animale, sono inconsce trasmissione di un’arte per molti persa, ma qui ancora viva: l’aruspicina.

A Gagliano, in provincia di Catanzaro, alcune signore raccontano di accompagnare i morti nell’aldilà, sognando giorni prima quando questi scompariranno: medesime convinzioni di quegli esuli Traci che si facevano chiamare “mistoi”: gli iniziati ai culti orfici. Per non parlare delle ricette delle feste: una su tre ha il sapore dell’antico. In quei luoghi dove nasceva la prima Italia ancora oggi può trovarsi il retaggio della grecità in tutti i suoi aspetti.

In tutto il bel paese un richiamo verso l’antico è in atto: associazioni di studi storico-religiosi, di filosofia antica ecc. si sviluppano qua e là, ma spetta alla nostra regione il primato del maggior numero di associazioni specializzate in questo settore: studiosi di pitagorismo, di tradizioni classiche e delle società antiche da noi abbondano e seppur i nostri poli universitari non sono noti come la Bocconi o La Sapienza  vantano il merito di aver condotto convegni internazionali, come quello sul Pitagorismo tenutosi nel 2006 al Consorzio universitario di Crotone, con docenti provenienti da tutta Europa.

Può sembrare strano ma ancora oggi l’Italia è pagana nella sua essenza religiosa, nonostante la forma sia quella cristiana. Ai tanti dei si sono sostituiti i molti santi e dove prima s’ergevano templi spesso ora sorgono chiese. I luoghi fisici del sacro sono così sopravvissuti e si sono conservati. Gli usi ancor più: come nei Saturnalia di duemila anni fa (feste che andavano dal 17 al 24 dicembre) facciamo cenoni e giochiamo a carte. Gli antichi consideravano caotico il periodo prossimo al solstizio, poiché in questi giorni il buio della notte predomina sulla corta giornata, pertanto consideravano lecito far ciò che la legge nel resto dell’anno vietava, come il gioco d’azzardo. Cosa faceva il romano del I sec. a.C. il 24 dicembre? Una bella tavolata in famiglia ed una giocata a dadi. Aveva ragione Vico: corsi e ricorsi storici. E se prima si festeggiava la nascita del Sole al 25, per il prolungarsi della giornata, oggi si festeggia quella del Salvatore: il Cristo.

Molti gruppi di studiosi affrontano studi scientifici per trovare le radici delle nostre usanze, perché solo guardando indietro possiamo comprenderci e potremo andare avanti, così ad esempio l’Associazione Tradizionale Pietas, nata a Crotone e poi sviluppatasi tra l’Italia e la Grecia, conduce ricerche sul mondo classico proponendo poi al pubblico i suoi risultati in conferenze, convegni e quaderni di studio, dall’ambito universitario a quello cittadino, cercando inoltre il coinvolgimento di tutti considerando il patrimonio culturale un bene universale così anche l’associazione “Le Crotoniadi” che propone eventi ed attività culturali di ricostruzione storica. Medesima cosa fanno altre realtà culturali nel resto della penisola. Vi sono anche associazioni che cercano di recuperare l’antica religiosità. In Grecia movimenti di studio sulla cultura classica hanno riacceso negli animi il desiderio di vivere l’antica religione, ed oggi gli Elleni sono la quarta fede nel loro paese. Ma non ha tanto importanza la forma di ciò che si fa o di ciò in cui si crede, quanto l’essenza delle proprie convinzioni, e quando queste sono intrise di sani valori ben vengano, perché le forme e le religioni cambiano nel tempo, ma l’etica del rispetto, della lealtà, dell’amicizia, dell’amore e della tolleranza va al di là delle bandiere ed è eterna, poiché non crollano con le loro civiltà e con le loro religioni, ma vivono per sempre.

Ed è su questi valori che l’Associazione Tradizionale Pietas ha improntato il suo lavoro: lo studio della religione e della società classica non deve essere il nascere di nuove forme di fanatismo ed incomprensioni, ma la ricerca di un’essenza che ha attraversato i millenni e che chissà fin quando risale nel tempo.

La Calabria di duemilacinquecento anni fa è stata la matrice della cultura romana: il Pitagorismo segnò Roma profondamente, al punto tale che all’entrata della curia della Res Publica si conservava un busto di Pitagora, i Gracchi lottarono per riformare la società su basi pitagoriche (la suddivisione delle terre conquistate ai più poveri e non ai già ricchi), Mario dopo di loro, poi Cesare, Roma unì quell’Italia che tempo prima era la Lega Italiota voluta dai Crotoniati; come un tempo, ancora oggi possiamo essere la matrice culturale di un paese in ginocchio, che necessita di rialzarsi, e da dove incominciare se non dal “Sapere”?

Conservando le nostre tradizioni salvaguarderemo la nostra identità e cercando in esse i nostri valori potremo sopravvivere ad un mondo in decadenza.

Giuseppe Barbera
fonte: https://issuu.com/ildomani/docs/21092009/38