Conferenza – Il Pitagorismo in Magna Grecia

Il 12 maggio si è tenuto un convegno al palazzo della provincia di Reggio Calabria, organizzato in occasione degli stati generali della cultura dall’associazione culturale “Due Sicile”. L’evento si è incentrato sull’intervento del dottor Barbera, archeologo e presidente dell’Associazione Pietas, sul tema del Pitagorismo in Magna Grecia, introdotto dal dott. Daniele Zangari.

La splendida filosofia pitagorica, nata in Calabria, è motivo d’orgoglio per questa regione. Lo stesso Ghoete scriveva: “quando a Roma pascevano le pecore, a Roma insegnava Pitagora”. Gli insegnamenti del maestro samio, creatore di una fiorente scuola nella città di Crotone, si diffusero in tutto il mediterraneo, un pensiero onniscente che, per mezzo della matematica, spaziava dalla spiritualità, alla pratica religiosa, alle scienze fisiche e matematiche, alla biologia, alla musica, alla politica, alla economia, alla sociologia e, ovviamente, alla filosofia. l’essere pitagorici consisteva nell’applicazione di uno stile di vita virtuoso fondato su una pratica razionale finalizzata al’evoluzione dell’uomo e della società umana. Nel pieno rispetto delle leggi della Natura, il Pitagorismo fu il primo fenomeno nazionalistico in Italia (furono i Pitagorici a gettare le basi per la successiva lega italiota), tanto che i Romani crearono il mito di re Numa discepolo di Pitagora per giustificare il loro intento unitario nella penisola italiana. Il pitagorismo ha permeato il pensiero occidentale (i suoi capisaldi, Platoe ed Aristotele, sviluppano le loro dottrine partendo dalle basi pitagoriche) distinguendolo profondamente da quello orientale per il suo razionalismo, ed ancora oggi l’occidente razionale si distingue dal mistico oriente. L’intervento di Giuseppe  Barbera ha descritto sinteticamente il ventennio della storia pitagorica crotoniate ed ha individuato la permanenza di matrici pitagoriche nei nostri tempi: dalla canonica separazione dei suoni in sette note per la creazione della musica, dallo sviluppo delle ideologie politiche sociali e nazionali, all’uso di una matematica cognitiva per lo sviluppo delle scienze esatte. Ispirarsi al modo della politica pitagorica, fondata sull’incarnazione delle virtù e l’interesse al benessere delle diverse classi sociali, potrebbe essere la soluzione alla crisi contemporanea.

La scuola pitagorica femminile

Siamo attorno l’anno 530 a.C., quello dell’arrivo di Pitagora a Kroton, nel quale il maestro Samio propose alle donne della città di lasciar perdere una vita dedita alla vanità ed all’accumulo di ricchezze ma di ricercare la propria essenza, se stesse e la propria dignità nello pratica dello studio e delle virtù. Così registriamo che numerose teanodonne offrirono i loro  abiti migliori al tempio di Hera e che cominciarono lo studio della matematica, dell’astronomia, della musica e della teologia all’interno della scuola. Essendo questa l’unica realtà filosofica e pedagogica dove erano ammesse le donne, per tanti altri secoli la sola, troveremo poi nelle accademie tardoantiche  neoplatoniche e neopitagoriche di Alessandria l’ultima grande pitagorica: Ipazia, la quale venne trucidata dai monaci paraboloni per volontà del violento vescovo Cirillo, santo della chiesa cristiana. 

Kroton fu la prima città della Magna Grecia ad avere donne di grande rilievo e risalto. Se già la donna greca aveva diritti e poteri che solo a lei spettavano (come ad esempio l’emancipazione degli schiavi), quella pitagorica assume una funzione ancora più importante nell’ottica sacrale di cui la rivestiva la filosofia del maestro samio. 

Infatti la donna, come si è appena detto, era considerata legata alla Luna e l’osservazione dei Pitagorici, considerava Luna e Sole due realtà inscindibili grazie alle quali era possibile la vita sulla terra. Così la Luna era la matrice dell’universo, generatrice di ogni cosa, che elargiva grazie, salute e prosperità. Il Sole era invece concepito come l’astro datore di Luce, che la produceva di proprio col suo fuoco interiore, ma che solo la Luna era in grado di riflettere dolcemente sulla terra, rendendo così la stessa luce del Sole meno aggressiva e dannosa. Sia l’uomo che la donna erano visti come elementi quasi sterili se presi a se stessi ed isolati, ma l’interazione amorosa tra loro era il segreto per la generazione della vita e per la realizzazione di ognuno. La vita di coppia era dunque considerata importantissima per il filosofo pitagorico, tanto che lo stesso Pitagora era sposato.

Numerose sono le donne pitagoriche note (da Teano ad Ipazia di Alessandria) ed importantissimi i contributi che diedero alla dottrina della scuola. Peccato che la misoginia del cristianesimo delle origini portò alla cancellazione delle loro opere, ogni rimasuglio dei loro testi venne cercato per essere bruciato, ed a noi oggi rimangono solo poche notizie, ma sufficienti a sapere quanto la donna fosse importante per i pitagorici.

Giuseppe Barbera

ESTRATTO DA “Nascita del pitagorismo nell’antica Kroton”, di Giuseppe Barbera.
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La dottrina della scuola pitagorica

scula pitagorica Intorno al 530 si ebbe l’arrivo di Pitagora a Crotone, luogo dove il filosofo restò per ben vent’anni[1].
Le fonti storiche riportano che Pitagora “era fuggito da Samo e dai padroni dell’isola. Viveva in esilio volontario per l’odio verso la tirannide.[2] Arrivato nella città affacciantesi sul mar Ionio, il filosofo samio trova una polis indebolita nell’animo dalla sconfitta presso la Sagra, infiacchita e dedita al lusso, allontanatasi dall’amore per la religione[3]. Nonostante questa crisi morale una parte della componente aristocratica all’interno della città accolse Pitagora con piacere, essendo questi un nemico dichiarato del lusso[4], elemento quest’ultimo che caratterizzava l’oligarchia cavalleresca di Sibari[5], rivale morale e politica della Kroton della seconda metà del VI sec. a.C.

L’aristocrazia crotoniate era rappresentata dagli atleti ed era poco propensa verso la vita di comodità e di mollezze che caratterizzava il lusso sibarita[6], anzi l’atteggiamento verso il mondo del lavoro non era sprezzante come a Sibari[7]: eminenti pitagorici, come Hippaso, svolgevano attività di artigianato[8] e la polis traeva la sua ricchezza dal commercio e dalle attività portuali[9].

Pitagora propone un nuovo modello politico e sociale, dove l’oligarchia dirigenziale sia acculturata con una saggezza di tipo tradizionale[10], in cui rientrano le antiche concezioni mitiche e religiose ma nello stesso tempo rinnovate e rivitalizzante dal razionalismo della filosofia  e della logografia ionica[11]. Il manifesto del pensiero politico di Pitagora è espresso nei suoi discorsi[12] contenenti un doppio motivo di propaganda[13]: la rivalorizzazione delle tradizioni poliadi e l’esaltazione della saggezza. In primis il filosofo proponeva il recupero dei modelli sociali rappresentati dell’identità culturale crotoniate: Herakles, fondatore dei giochi Olimpici, Hera cui si rivolge il culto delle matrone, Apollo Pizio divinità tutelare dei giovani e della città, fondata sotto i suoi responsi. In secondo luogo l’esaltazione della saggezza comportava una presa di distanza rispetto agli eccessi[14], un invito alla moderazione dei bisogni e dei consumi che guidava la comunità ad accostarsi ad uno stile di vita dorico e in particolar modo spartano[15]. Questo stile di vita era finalizzato ad avvicinare il ceto medio a quello nobile: moderando i consumi si sarebbe moderato lo sfruttamento condotto dagli aristocratici sui ceti medi e il rifiuto del lusso avrebbe avvicinato i primi ai secondi[16].

Tutto ciò ebbe una serie di importanti ripercussioni nei diversi ambiti della vita cittadina: in campo militare si superavano le condizioni di combattimento agonale ed eroico a favore delle tecniche oplitiche con uomini inseriti in ranghi serrati, il cui armamento erano in grado di fornire anche le classi medie[17]; in ambito politico si realizzarono le basi per un consolidamento della comunità e la lotta al lusso e agli eccessi risvegliò l’orgoglio crotoniate anti-sibarita[18]. Catarsi ed instillazione del sentimento comunitario sono le due azioni che precludono alla successiva formazione sapienziale nella metodologia educativa del maestro.

Pitagora trovò in Kroton un terreno fertile: dopo aver parlato agli anziani essi gli chiesero di tenere discorsi al popolo e ai giovani, ragionamenti che trovarono subito grandi proseliti fra i cittadini, i quali videro in Pitagora la possibilità di riscatto all’insoddisfazione maturata dopo la sconfitta della Sagra[19].

Nasce in Crotone una scuola finalizzata a creare membri di una classe aristocratica di illuminati, in grado di giudicare gli eventi e di intraprendere i giusti provvedimenti in virtù della saggezza innovazioni teologichedivina che viene loro inculcata dagli insegnamenti del maestro[20].

I membri della scuola erano suddivisi in due schiere: i matematici e gli acusmatici[21]. I primi erano coloro che venivano considerati illuminati sulla via del sapere per aver sperimentato in prima persona ciò che c’è da insegnare, i secondi erano gli uditori che dovevano apprendere e non avevano diritto di parola nei consessi e nelle assemblee della schola[22], addirittura non potevano neanche vedere il maestro mentre spiegava nella tenda della sua scuola, ma silenziosamente dovevano ascoltarlo da fuori. Numerose prove erano finalizzate a selezionare e forgiare individui che incarnassero virtù supreme per essere i nuovi pilastri della società crotoniate.

Ma l’idea di Pitagora non si fermava alla creazione di una piccola isola felice composta da uomini virtuosi guidati da sapienti illuminati: egli per primo concepì una fratellanza non solo tra uomini ma tra città di un’unica realtà territoriale, egli per primo pensò l’Italia ed i suoi discepoli si armarono di una suprema volontà che li condusse al controllo della Magna Grecia: la lega Italiota era uno stato pitagorico, dalle leggi al calendario solare, dalla pietà per gli dei alla guerra per la diffusione di una nuova luce antesignana dell’ideale ellenistico alessandrino di ben tre secoli, una prima Italia sociale che verrà poi disgregata dalla reazione della borghesia crotoniate avente come massimo esponente quel Cilone, allontanato dalla schola per il suo carattere prepotente ed arrogante, che fu la miccia che scatenò la violenza strumentalizzata dai faziosi possidenti terrieri che ambivano alla creazione di latifondi a discapito dei piccoli possessori.

Per i pitagorici l’aristocrazia maschile non deve decadere moralmente con la ricerca forsennata dell’accumulo di beni, bensì le si propone di incarnare il nuovo modello di saggezza e tradizione proposto da Pitagora; i nobili crotoniati acquisiscono questo modello archetipale e  l’aristocrazia femminile fa altrettanto in funzione al ruolo della donna nella famiglia Crotoniate, cominciando così a seguire i riti presso gli altari[23] spogliandosi delle vesti più preziose: le donazioni al tempio per liberarsi dalla schiavitù del lusso divengono proverbiali e l’assunzione di uno stile di vita morigerato fondato sull’equilibrio, estratto dal modello sociale che viene loro insegnato nella scuola pitagorica femminile[24], diventa un cardine esemplare. Questa struttura fu organizzata in prossimità del tempio di Hera Lacinia[25]: in ciò appare chiara la volontà di recuperare il modello sociale rappresentato dalla dea Hera, moglie ideale poiché sposa di Zeus[26].  Secondo la dottrina pitagorica la donna aveva il suo riferimento cosmico nella Luna, e con questo astro era in stretta connessione, tanto che una donna spiritualmente sana era considerata quella che avesse un ciclo regolare come quello della Luna stessa. La scuola pitagorica femminile si sviluppò in contemporanea a quella maschile ed organizzata similmente con tanto di donne matematiche e donne acusmatiche.

In sintesi la dottrina politica della scuola pitagorica può riassumersi nell’intento di formare uomini spiritualmente sensibili, che abbiano abbattuto passioni e interessi, per partecipare alla creazione di uno stato giusto guidato da individui illuminati per il benessere di tutti nel pieno equilibrio delle parti sociali, il tutto in una unità sociale che superasse la polis e creasse, per la prima volta, uno stato nazionale.

NOTE:

[1]              MELE 1992, pag. 22.

[2]              Ovidio Metamorphoseon, XV, 61. Porfirio nella Puqagorou bioj, 9 inquadra la fuga di Pitagora da Samo intorno ai suoi 40 anni d’età, poiché vide che la tirannide di Policrate diventava un governo assoluto insopportabile per un uomo libero.

[3]              MELE 1992, pag. 22.

[4]              ibid.

[5]              ibid.

[6]              MELE 1992, pagg. 22, 23.

[7]              MELE 1992, pag. 23.

[8]              ibid.

[9]              ibid. L’antagonista Sibari, invece, traeva ricchezza dallo sfruttamento delle risorse del territorio, ciò comporta che l’aristocrazia viveva sul lavoro degli schiavi e dei componenti delle classi più povere.

[10]             MELE 1992, pag. 23.

[11]             MELE 1992, pag. 23.

[12]             I discorsi di Pitagora vengono riportati da fonti autorevoli e a lui contemporanee: Antistene, Dicearco, Timeo.

[13]             MELE 1992, pag. 23.

[14]             ibid.

[15]             ibid.

[16]             ibid.

[17]             MELE 1992, pagg. 23, 24.

[18]             MELE 1992, pag. 23. Orgoglio antisibarita che trovava fondamento nell’identificazione di Sibari con lo stile di vita molle e lussuoso.

[19]             MELE 1992, pag. 23.

[20]             BARBERA 2006, pag. 12.

[21]             BARBERA 2006, pag. 33.

[22]             BARBERA 2006, pag. 12.

[23]             MELE 1992, pagg. 20 e ss.

[24]             BARBERA 2006, pagg. 12 e ss.

[25]             ibid.

[26]             ibid.

ESTRATTO DA “Nascita del pitagorismo nell’antica Kroton”, di Giuseppe Barbera.
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