Alchimia, scienza divina.

intervento di Giuseppe Barbera estratto dagli atti del convegno “L’alchimia, storia di una scienza”, Università di Roma La Sapienza anno 2007

Il serpente in alto è lo spirito del mondo, che a tutto dona la vita, tutto uccide, e in se reca tutte le forme naturali. Isomma esso è tutto e nulla… Il serpente in basso è detto Ouroboros. In lingua copta Ouro significa re, mentre ob in ebraico significa serpente. – Abram Eleazar, Donum Dei, Erfurt, 1735.
Il serpente in alto è lo spirito del mondo, che a tutto dona la vita, tutto uccide, e in se reca tutte le forme naturali. Isomma esso è tutto e nulla… Il serpente in basso è detto Ouroboros. In lingua copta Ouro significa re, mentre ob in ebraico significa serpente. – Abram Eleazar, Donum Dei, Erfurt, 1735.

E’ nota presso di noi l’alchimia come forma antenata della chimica, ma in realtà il

sapere della nostra scienza moderna non ci permette di definire quale delle due materie sia più evoluta o meno, certo il sistema attuale permette di precisare oggettivamente i risultati materiali, cosa che l’alchimia non sempre può fare, in particolar modo nel suo contesto spirituale, essendo l’esperienza del caso legata al soggetto, anche quando l’esperienza è uguale per tutti, la si vive comunque nell’intimità individuale. Effettivamente d’Aquino stesso spiega che esistono diversi tipi di pietre, ed ognuno può produrne alcune, più o meno volgari[1].

[1] Tommaso d’Aquino, L’Alchimia, Roma 1996.

Il disegno in alto a sinistra bene spiega ciò: l’uomo è un microcosmo in cui esiste lo spirito del mondo con tutte le sue essenze, incastrate allo stesso modo in cui la figura della stella a sei punte si intreccia, ed ogni uomo tende interiormente più o meno ad un diverso metallo. Ma che significa tendere ad un metallo? Significa avere un carattere più o meno aureo, più o meno stagnoso, più o meno ramoso. In che senso?

La porta ermetica addossata in un angolo dei giardini di Piazza Vittorio a Roma, qui in una incisione tratta dalla Sapienza dei Magi, di Giuliano Kremmerz; è questo un raro esempio di monumento alchemico, riportante nella sua simbologia l’opera per la realizzazione dell’individuo.
La porta ermetica addossata in un angolo dei giardini di Piazza Vittorio a Roma, qui in una incisione tratta dalla Sapienza dei Magi, di Giuliano Kremmerz; è questo un raro esempio di monumento alchemico, riportante nella sua simbologia l’opera per la realizzazione dell’individuo.

Questa idea del carattere legato al metallo benissimo si esprime nella tradizione greca e romana, difatti ogni metallo conserva un carattere divino, stessa cosa facciamo anche noi, e la mitologia rappresenta gli dei con caratteri umani per consentire di definire al meglio come riconoscere quale carattere divino abbia il sopravvento nel momento della vita di un uomo. Dunque la donna fedele al marito ha un carattere argento, essendo questo il metallo della Luna, a sua volta pianeta[1]di Giunone, dea moglie di Giove garante del matrimonio e della fedeltà coniugale. Il lavoro alchemico serve a raggiungere la realizzazione dell’oro, ossia uno stato di beatitudine che è legato al Sole, astro che illumina il mondo e porta la vita ovunque arrivi la sua luce, sin nelle profondità dei mari.

[1] Nonostante la Luna sia un satellite continuiamo a chiamarlo pianeta quando vogliamo rivolgerci al significato che le davano gli antichi: influenze siderali sulla vita degli uomini e sugli eventi del mondo, astro legato ad una essenza divina.

ermete con candelabro

A Roma si conserva un monumento alchemico d’essenziale interesse: la porta ermetica. In essa possiamo leggere l’importanza di ordinare i diversi elementi e le differenti essenze che compongono l’uomo, in maniera tale di uscire dal Caos primordiale e realizzare l’ordine divino in noi: attuato ciò sarà possibile attraversare la porta della sapienza e della conoscenza e rispondere a quelle domande cui l’uomo s’interroga sin dall’origine dei tempi.

Il Mercurio, appellato dal Sole come Filius Noster, emerge dalle acque e reca in mano l’antimonio.
Il Mercurio, appellato dal Sole come Filius Noster, emerge dalle acque e reca in mano l’antimonio.

Ma tale sapienza non deve essere svelata poiché è una conquista che può intendere solo chi raggiunge e non esistono parole per trasmetterla, ecco perché il libro alchemico più veritiero è il mutus liber, un testo fatto solo d’immagini, dove

l’intelligenza dell’individuo per comprendere supera la dimensione della parola, penetrando quel mondo delle idee che tanto ha voluto far conoscere Platone tramite la filosofia socratica, da lui riportata; così anche il Mercurio, che è al centro della nostra prima immagine, invita il praticante al silenzio e reca nella sua mano sinistra il fuoco dei sette pianeti.

Ed è proprio tramite il mercurio che bisogna compiere l’opera alchemica, Mercurio che

La Luna, che governa tutte le cose umide, partorisce il re immacolato dall’abito purpureo, ossia la tintura rossa, la tintura universale che guarisce tutte le imperfezioni. S. Trismosin, splendor solis, Londra XVI sec.
La Luna, che governa tutte le cose umide, partorisce il re immacolato dall’abito purpureo, ossia la tintura rossa, la tintura universale che guarisce tutte le imperfezioni. S. Trismosin, splendor solis, Londra XVI sec.

deve astrarsi dalle acque delle passioni per donare all’uomo l’antimonium, la soluzione necessaria alla nostra divinizzazione.

In alchimia ogni cosa ne genera altre e la madre di tutto è la natura, esterna ed interna all’uomo, generazione che può essere riprodotta dall’uomo in laboratorio e così la Luna ben gestita può generare il re immacolato dall’abito purpureo, salvatore dell’umanità per le sue qualità terapeutiche.

Tutta questa serie di “generazioni” deve portare alla realizzazione finale, ad una completezza che viene spesso rappresentata nel c.d. androgino ermetico, un essere che vince l’istinto e il bisogno, poiché completo in se. Michael Maier lo pensa incorporante tutti e quattro gli elementi[1]. Ma a quali elementi si riferisce? Secondo la filosofia pitagorica l’uomo è composto di quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco. Gli alchimisti vedono in ognuno di questi la preponderanza di quattro metalli basilari: piombo, argento, mercurio, oro. L’uomo vitruviano è inscritto in un cerchio, figura che per Pitagora rappresenta il Caos, ossia la sostanza che contiene in se, in maniera

I filosofi attribuiscono alla materia fredda e umida il carattere femminile (Luna) e a quella calda e secca il carattere maschile (Sole). L’androgino, dunque incorporerebbe in se tutti e quattro gli elementi – Michael Maier, Atalanta fugiens, Ottenheim, 1618.
I filosofi attribuiscono alla materia fredda e umida il carattere femminile (Luna) e a quella calda e secca il carattere maschile (Sole). L’androgino, dunque incorporerebbe in se tutti e quattro gli elementi – Michael Maier, Atalanta fugiens, Ottenheim, 1618.

disordinata, i quattro elementi costituenti l’universo[2]; da qui nasce il dilemma della setta pitagorica: la quadratura del cerchio.

[1] Michael Maier, Atalanta fugiens, Ottenheim 1618.

[2] Giuseppe Barbera, Il Pitagorismo in Italia ieri e oggi, Roma 2005.

Credendo difatti i pitagorici che l’universo è una realtà ordinata e misurabile, così come le leggi che lo regolano, cercavano una formula matematica che permettesse all’uomo di riordinare i suoi elementi per raggiungere la sua realizzazione. Dunque la formula 2 π r corrisponde ad una pratica alchemica capace di delineare i quattro corpi dell’uomo:uomo-vitruviano-di-Leonardo-Da-Vinci

  1. fisico
  2. anima
  3. intelligenza
  4. spirito;

corrispondenti ai quattro elementi ed ai relativi metalli. La serie di attività che avvengono nell’operazione trovata da Pitagora porta a conoscere i sette metalli nelle loro manifestazioni, così rappresentate dagli alchimisti nel seguente disegno:

vitriol

Ad ogni metallo corrisponde un evento: al Saturno un corvo che si posa su uno teschio sepolto, al Giove la trasformazione del cranio in una colomba che viene

Il monocordo è il principio interiore che dal centro dell’universo realizza l’armonia di tutta la vita del cosmo. – Robert Fludd, Utriusque Cosmi, vol.I, Oppenheim, 1617.
Il monocordo è il principio interiore che dal centro dell’universo realizza l’armonia di tutta la vita del cosmo. – Robert Fludd, Utriusque Cosmi, vol.I, Oppenheim, 1617.

estratta dal corvo da sottoterra, sicché le bianche colombe segnano sotto Marte l’uccisione del corvo per innalzare una corona sotto il segno del Sole, poi in Venere nascerà una pianta ed  in Mercurio l’unicorno anticiperà la venuta della sacra Vergine. Sette passaggi, identici per tutti, definiti dai pitagorici in una semplice formula. Gli alchimisti celarono questo insieme di attività sotto l’utilizzo del c.d. Vitriolo, Vitriol che significa: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultam Lapidem. Laddove i pitagorici usarono una formula, gli alchimisti applicarono un acido. Che l’Alchimia abbia elementi in comune con la filosofia pitagorica lo si vede in diversi concetti acquisiti. È il caso della figura seguente, dove il cosmo è rappresentato in un’armonia musicale.

L’idea che i pianeti esprimessero dei suoni nel loro moto[1] è prettamente pitagorica, così le sette note vengono definite dalla scuola crotoniate per riferire il moto dei pianeti esterni (macrocosmo) e di quelli interni (microcosmo), note che sensibilizzano diversi metalli, ovvero diversi caratteri umani, sicché ancora oggi usiamo per diverse occasioni della nostra vita, musiche con tonalità differenti. Il linguaggio matematico verrà usato fortemente in alchimia, la massima espressione di ciò è la definizione completa dell’opera che si dà nella Turba philosophorum[2]:

Voi parlate assai oscuramente e troppo. Ma io voglio indicare completamente la Materia, senza tanti discorsi oscuri. Io ve lo ordino, o figli della dottrina: congelate l’argento vivo. Di più cose fatene due, tre e di tre una. Una con tre è quattro. 4,3,2,1; da 4 a 3 vi è 1; da 3 a 4 vi è 1, dunque 1 e 1, 3 e 4. Da 3 a 1 vi è 2, da 2 a 3 vi è 1; da 3 a 2 vi è 1. 1, 2 e 3 e 1, 2 di 2 e 1, 1. Da 1 a 2 vi è 1; dunque 1. Vi ho detto tutto”.

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In conclusione possiamo definire l’alchimia come una scienza universale, le cui logiche trovano riscontro nella sperimentazione scientifica e per analogie applicate all’essere umano, tanto che Tommaso d’Aquino ci spiega che “tutta l’arte alchemica elesse la propria sede nell’intelletto e nella dimostrazione dell’esperienza[3].

[1] A riguardo questa teoria si veda il Somnium Scipionis di Cicerone, libro conclusivo del De Republica.

[2] Sec. XIII

[3] Tommaso d’Aquino, L’Alchimia, Roma 1996.

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